Papa Francesco è stato (anche) un grande comunicatore. Immerso nel presente, con i piedi ben piantati nella realtà ma la testa salda nei valori, negli ideali cristiani di solidarietà e fratellanza. La sua è stata una lezione, importante, in un momento storico decisivo in cui il web ha iniziato a imporsi come dominatore assoluto del dibattito pubblico. Tanto nei suoi contenuti quanto nelle tecnologie. Dalle fake news all’intelligenza artificiale, passando per i click-bait e le polarizzazioni che hanno reso ricco Zuckerberg e povero, poverissimo, il confronto democratico. Il monito del Papa, in tal senso, è sempre stato chiaro, netto e senza sconti: “Abbiamo bisogno di media che possano aiutare le persone, specialmente i giovani, a distinguere il bene dal male, a maturare giudizi sani fondati su una presentazione chiara e imparziale dei fatti, e a riconoscere l’importanza di lavorare per la giustizia, la concordia sociale e il rispetto della nostra casa comune”, è stato il testo di un suo intervento: “In un’epoca in cui le notizie possono essere facilmente manipolate e la disinformazione è diffusa, voi cercate di far conoscere la verità in un modo che sia, secondo le parole del vostro motto, giusto, fedele e informato”. A proposito di intelligenza artificiale, Francesco ha messo tutti in guardia: “Di fronte ai prodigi delle macchine, che sembrano saper scegliere in maniera indipendente, dobbiamo aver ben chiaro che all’essere umano deve sempre rimanere la decisione, anche con i toni drammatici e urgenti con cui a volte questa si presenta nella nostra vita”. E ancora: “Condanneremmo l’umanità a un futuro senza speranza, se sottraessimo alle persone la capacità di decidere su loro stesse e sulla loro vita condannandole a dipendere dalle scelte delle macchine. Abbiamo bisogno di garantire e tutelare – ha quindi detto Papa Francesco – uno spazio di controllo significativo dell’essere umano sul processo di scelta dei programmi di intelligenza artificiale: ne va della stessa dignità umana”. La bussola è sempre la stessa: “La guerra e le divisioni seminano nei cuori rancori e paure, e l’altro diverso da me è percepito spesso come un rivale. La comunicazione globale e pervasiva fa sì che questo atteggiamento diffuso diventi una mentalità, che le differenze appaiano sintomi di ostilità e si verifichi una sorta di epidemia di inimicizia”.