Mentre Facebook conferma il ban all’ex presidente Usa Donald Trump per altri due anni, si apre un nuovo fronte caldissimo sul tema della “censura” tra i social e la politica. Stavolta la polemica è sbarcata in Israele dove il Likud, partito della destra che si riconosce nelle posizioni di Benjamin Netanyahu, ha puntato il dito contro le multinazionali del web tacciandole di non comportarsi in maniera equa nel garantire pari visibilità e opportunità agli attivisti di destra (che verrebbero sospesi e “censurati”) e di sinistra.
La questione sullo sfondo è di quelle roventi perché in Israele, proprio in queste ore, si sta formando un governo che punta a disarcionare Netanyahu dopo poco più di un decennio alla guida del Paese. Inoltre hanno destato scalpore, a destra, i provvedimenti assunti dai moderatori dei social ai danni di Yair Netanyahu, figlio dell’ormai ex premier, che sarebbe stato vittima insieme a tanti altri sostenitori, secondo il Likud, di “un esempio plateale di censura politica a danno della destra”.
Secondo la destra israeliana: “Twitter e Facebook sospendono attivisti di destra per aver sostenuto proteste presso le abitazioni di deputati che progettano di aderire a quel pericoloso governo di sinistra. “Mark Zuckerberg deve cessare questo doppio standard, e garantire libertà di espressione per tutti”.
Intanto dall’America rimbalzano reazioni per la decisione di bandire dai social Trump per (almeno) altri due anni. Una tegola pesante che arriva all’indomani della chiusura della piattaforma che l’ex presidente aveva studiato e pensato per guadagnarsi uno spazio di visibilità dopo l’oscuramento decretato dai social ai suoi messaggi.
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