SIT-IN DAVANTI A LIBERAZIONE: «NO ALLA CESSIONE A BONACCORSI»

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“Rifondazione ha bisogno di uno psicanalista, Liberazione no!”, “Non mi è piaciuta la minestra di Fagioli”, “Femministe, lesbiche, gay, trans, mamma mia che paura! Chiamiamo Fagioli”. Sono alcuni dei cartelli di protesta esposti dalla redazione di Liberazione al sit-in davanti alla sede del quotidiano di Rifondazione comunista – con la partecipazione di Vladimir Luxuria – contro l’ipotesi di vendita a Luca Bonaccorsi, vicino allo psicanalista Massimo Fagioli.

«Bonaccorsi e Fagioli – accusa Luxuria – hanno criticato, tra l’altro, il fatto che Liberazione si sia occupata troppo di sesso. Non vorremmo ora essere costretti a rivolgerci all’Osservatore romano o all’Avvenire per parlare di questi temi, bensì continuare ad avere uno spazio su un giornale di sinistra, che ha sempre considerato la libertà sessuale come parte integrante della grande lotta per l’uguaglianza», rivendica l’ex deputata Prc, mostrando la copia del 16 gennaio 2005 sulla quale per la prima volta firmò in prima pagina un articolo sui gay.

Fresca vincitrice dell’Isola dei famosi, Luxuria è convinta che dietro l’ipotesi di vendere il giornale ci siano i conti in rosso e «la crisi delle vendite», ma anche «la linea editoriale del direttore, Piero Sansonetti», contestata dalla maggioranza del partito di Paolo Ferrero che la considera troppo vicina alla minoranza vendoliana: «Si vuole che Sansonetti stia a Ferrero come Fede sta a Berlusconi. È assurdo – sottolinea Luxuria – e per questo piena solidarietà a Sansonetti».

Il direttore del quotidiano replica a Fagioli, che oggi dalle colonne del Corriere della Sera lo definisce a un bimbo fermo al ’68, paragonando Liberazione al Grand Hotel: «Non le considero accuse: essere un bambino mi è sempre piaciuto e rivendico di aver fatto il ’68. Grand Hotel? Non lo conosco, non lo leggo, forse lo legge Fagioli». La realtà, per Sansonetti, è che «nello scontro fra la maggioranza e la minoranza del partito sta avanzando l’ipotesi di vendere il giornale a un editore privato, Bonaccorsi, vicino allo psichiatra che ha definito Freud un imbecille: è una follia. Liberazione è una delle poche cose ancora viventi a sinistra: invece di salvarla, venderla a un gruppo privato che non dà nessuna garanzia, né sul piano economico nè su quello culturale, sarebbe un suicidio. È vero, la sinistra ha sempre avuto tentazioni suicide, ma c’è un limite anche a questo».

Al sit-in anche il presidente di Arcigay, Aurelio Mancuso: «Esiste un’omofobia grave anche nella sinistra italiana. Parlare delle tematiche gay è questione di diritti civili e Liberazione è l’unico giornale che quotidianamente se ne occupa: venderla a un editore vicino a un personaggio come Fagioli, che pensa che i gay siano malati, è inaccettabile». Dalle pagine di Liberazione si fanno sentire il comitato di redazione e l’assemblea dei giornalisti, che chiedono alla proprietà, cioè ai dirigenti del Prc, di assumersi «davvero la responsabilità che loro compete». Con Ferrero e con il tesoriere la redazione auspica un un confronto «in un assemblea plenaria. Non procedano ad atti irreversibili prima di aver avviato una regolare trattativa sindacale». (L’Unità)

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