SALLUSTI SOSPESO. QUANDO L’ORDINE DIVENTA PIÙ SEVERO…DEI GIUDICI

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L’Ordine dei giornalisti della Lombardia ha sospeso Alessandro Sallusti per il reato di evasione dai domiciliari. I giudici avevano stabilito che l’ex direttore di Libero, condannato a 14 mesi per diffamazione a mezzo stampa, avrebbe potuto continuare a lavorare da casa, senza dunque finire dietro le sbarre. Ma l’Ordine è stato più severo delle toghe arrivando, addirittura, a negargli la “possibilità” che pure gli era stata, in qualche modo riconosciuta dai magistrati. «È la legge», si sono affrettati a precisare Letizia Gonzales ed Enzo Iacopino, rispettivamente presidente lombardo e leader nazionale dell’Ordine dei giornalisti. Dalle file del Pdl si è levato, unanime, un coro di protesta: «Decisione assurda. È un’occasione per abolire l’Ordine». Sallusti dalla pagine del Giornale, ha contrattaccato: «I miei colleghi hanno fatto peggio dei magistrati. Sono ridicoli. Ma io non ho paura di loro». Domani, intanto, si attende l’esito del processo per evasione che potrebbe annullare il provvedimento. L’Ordine, dal canto suo, non demorde e sta già lavorando alla sanzione disciplinare da applicare nei confronti del giornalista.
Insomma, il “caso Sallusti” non smette di regalare colpi di scena. Dove, infatti, non hanno osato i Tribunali è arrivato l’Ordine dei giornalisti. Bisogna però precisare che l’Odg non ha agito di propria iniziativa. Il provvedimento è previsto dall’articolo 39 delle legge n. 69 del 1963 che recita, testualmente: «Ove sia emesso ordine o mandato di cattura, gli effetti dell’iscrizione sono sospesi di diritto fino alla revoca del mandato o dell’ordine». E Sallusti, il primo dicembre è stato arrestato nella redazione del quotidiano di Via Negri in seguito alla sua “evasione simbolica” dagli arresti domiciliari, cui pure la magistratura lo aveva precedentemente costretto in virtù della ben nota condanna a 14 mesi.
La decisione dell’Ordine è stata “partorita” il 6 dicembre. Ma solo ieri è stata resa nota a Sallusti. Forse, confidando nell’assoluzione nel processo di domani (che potrebbe annullare, automaticamente, anche la sospensione), i giornalisti hanno voluto tenerlo in “stand-by” solo per due giorni.
Gonzales e Iacopino hanno sottolineato che si è trattata di una decisione obbligata: «È un automatismo che scatta in caso di arresto. Non si tratta di una provvedimento disciplinare preso nei suoi confronti» hanno ribadito. Fatto sta, anche se i due dirigenti lo negano, la sospensione dall’Albo professionale appare a tutti gli effetti un atto “punitivo”, di gran lunga più severo rispetto alla decisione presa dai giudici. Infatti la magistratura aveva permesso a Sallusti di continuare a dirigere il suo quotidiano da casa (e anche con eventuali uscite dalle 10 alle 12). Ora, dopo il diktat dell’Odg, il giornalista lombardo non potrà firmare il Giornale, che pure dirige, per almeno 48 ore.
A ben vedere, comunque, nel prossimo processo per evasione, che si terrà domani, i giudici potrebbero anche assolvere Sallusti per la sua “evasione simbolica” dalla casa di Daniela Santanché (compagna del direttore, nonché parlamentare del Pdl) dove l’ex direttore di Libero sta scontando i 14 mesi di reclusione domiciliare. E, non essendo più in vigore l’ordinanza di custodia cautelare, la sospensione della professione cadrebbe di conseguenza, in via automatica. Tradotto in soldoni, già venerdì, in caso di assoluzione (come sperano i legali) Sallusti potrebbe riassumere le redini del quotidiano di Via Negri (che in questo breve lasso di tempo sarà diretto da Gian Galeazzo Bianchi Vergani, uno dei fondatori del Giornale).
Tuttavia le contraddizioni non mancano. Il giornalista lombardo, per capirci, è stato condannato in via definitiva per diffamazione. Poi, per volere del procuratore capo di Milano, Edomondo Bruti Liberati, e in seguito per l’assenso/consenso del giudice di Sorveglianza, Guido Brambilla, gli sono stati affidati, suo malgrado, i domiciliari al posto della detenzione carceraria. A questo punto se l’Ordine ha scelto la sospensione come punizione, almeno in teoria, questa dovrebbe durare quanto la pena che gli è stata comminata. E invece no. Il divieto di lavorare è stato applicato solo in basa alla condanna per evasione, la quale è avvenuta dopo (e di conseguenza) a quella per diffamazione. Riguardo a quest’ultima l’Ordine deciderà il 17 gennaio. E, paradossalmente, i colleghi di Sallusti potrebbero essere ancora più severi dei magistrati. Se i giornalisti hanno sospeso il direttore del Giornale per un “gesto simbolico”, come è stata la sua evasione, quale sanzione disciplinare attende al varco il “reo” per aver pubblicato un articolo diffamatorio nei confronti di un giudice tutelare? La sanzione relativa, per logica, dovrebbe essere più pesante di quella affibbiata per una “evasione simbolica”. Insomma, se tanto ci dà tanto, non è per caso che Sallusti rischi, a questo punto, addirittura la radiazione?
Inoltre con l’avvio di un procedimento disciplinare per diffamazione è come se l’Ordine avesse sottoscritto la sentenza della Suprema Corte smentendo, così, tutte le manifestazioni di solidarietà (tra cui la presenza di Iacopino nell’aula di Tribunale per “far compagnia” a Sallusti durante il processo per direttissima per evasione). Spieghiamoci meglio: secondo l’Ordine l’ex direttore di Libero «è venuto meno ai valori fondamentali della professione giornalistica». Quindi in base all’articolo 2 e all’articolo 48 della legge n. 69 del 1963, Sallusti deve essere oggetto di un procedimento disciplinare per omesso controllo e per aver pubblicato una notizia non vera e in seguito mai rettificata. La libertà di informazione e di critica dei giornalisti è «limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede. Dunque devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori», recita l’articolo 2. «Gli iscritti nell’albo, negli elenchi o nel registro, che si rendano colpevoli di fatti non conformi al decoro e alla dignità professionali, o di fatti che compromettano la propria reputazione o la dignità dell’ordine, sono sottoposti a procedimento disciplinare», prevede ancora l’articolo 48.
Tuttavia l’Ordine non sembra pronto a sobbarcarsi la responsabilità della genesi della sanzione. Forse nemmeno potrebbe. Infatti, viene precisato che il procedimento disciplinare è motivato «dalla sentenza definitiva dell’autorità giudiziaria». Come a dire: se la Cassazione ha deciso così noi non possiamo che adeguarci passivamente.
Tutto questo senza dimenticare che l’ex direttore di Libero potrebbe ancora essere “graziato” dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Una decisione che potrebbe ulteriormente sparigliare le carte in tavola. Il Capo dello Stato e il ministro della Giustizia, Paola Severino, stanno lavorando proprio a questa possibilità, anche se entrambi devono attendere, inevitabilmente, l’esito del processo per evasione.
Nel frattempo sia il quotidiano Libero che un folto numero di parlamentari (in larga parte di centrodestra, ma non mancano adesioni bipartisan), stanno raccogliendo firme per chiedere, appunto, la grazia. Provvedimento che né Sallusti, né un suo parente (e neanche l’avvocato che lo difende), sembrano intenzionati a richiedere. Al riguardo sorge, a dir poco spontanea, una riflessione: se in Parlamento c’era tutta questa volontà di salvare il direttore del Giornale, non potevano farlo con il ddl diffamazione, discusso per due mesi e poi definitivamente affossato per le troppe divergenze? La domanda è destinata a rimare senza risposta.
Intanto, sul fronte Pdl, non sono mancate le critiche, anche pesanti, rivolte alla decisione dell’Ordine. «È stata una decisione inaudita e impensabile. L’Ordine è caduto in un tragico doppiogiochismo. È vergognoso che dei giornalisti si siano elevati a tribunale etico», ha dichiarato Margherita Boniver, parlamentare del partito di Berlusconi. «È la prova che l’Ordine va abolito. Infatti nei Paesi liberali non esiste. È l’emblema del più vecchio corporativismo e intralcia la libera professione», ha tuonato Daniele Capezzone, portavoce del Pdl.
Ha commentato la vicenda anche Vittorio Feltri, collega di Sallusti al Giornale: «È stato condannato alla disoccupazione. Ora Sallusti non può svolgere il suo lavoro, nonostante il giudice di Sorveglianza glielo abbia permesso».
E Sallusti? Come si è difeso il principale attore del giallo giudiziario dell’anno? Il giornalista lombardo non le ha mandate certo a dire a dire. All’opposto, già ieri pomeriggio ha affidato a Twitter un suo ironico «grazie colleghi». Poi ha continuato oggi dalle pagine del suo (momentaneamente ex) Giornale: «Nessun giornalista ha mai subito un simile trattamento. L’Ordine si è comportato come il peggiore burocrate dello Stato. Dei colleghi sconosciuti hanno osato più dei magistrati sciagurati. Si sono ricoperti di ridicolo. Ma io non ho paura. La mia libertà non dipende da loro».

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