RIFORMA FORENSE:SI ALLA PUBBLICITA’ PER GLI AVVOCATI. CADE IL VINCOLO FORENSE

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La quinta puntata dell’analisi della riforma forense (testo approvato alla Camera il 31 ottobre scorso ed ora all’esame del Senato) affronta l’articolo 10 che ha riscritto il regime della pubblicità superando i richiami al decoro ed alla dignità professionale e avvicinando la disciplina al settore del commercio. In 15 articoli il punto degli esperti di “Guida al Diritto” sui principali aspetti della riforma in cantiere. L’articolo 10 del Progetto, riprendendo peraltro quanto già indicato dal citato articolo 4 Dpr 2012 n. 137 per le professioni regolamentate in generale, espressamente disciplina al comma 2 la pubblicita` e tutte le informazioni diffuse pubblicamente con qualunque mezzo, anche informatico, limitandosi , come si vedrà di seguito, ad esigere che esse siano veritiere, corrette e non debbano essere comparative con altri professionisti, equivoche, ingannevoli, denigratorie o suggestive. Peraltro già la lettera g) del comma 5 dell’articolo 3 della Manovra di Ferragosto (Dl 13 Agosto 2011 n. 138) aveva indicato che la pubblicità nelle professioni liberali avrebbe potuto essere attuata con ogni mezzo. Si tratta proprio, quanto ad “ogni mezzo” di uno dei punti di maggiore frizione rispetto agli indirizzi finora segnati dal Cnf e dalla Cassazione, secondo cui invece anche in quest’ambito vanno seguiti decoro e dignità professionale.

Ferma rimanendo ogni libertà di diffondere il messaggio pubblicitario nei siti internet e con tanti altri mezzi d’informazione, il canone 17, comma 3, del codice deontologico forense vieta infatti di adottare condotte dirette all’acquisizione di clienti con modi non conformi alla correttezza e al decoro, e in particolare di offrire prestazioni al domicilio degli utenti e in generale in luoghi pubblici o aperti al pubblico. Divieto questo ritenuto valido dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 18 Novembre 2010 n. 23287 (in <> n. 48/2010 pag. 34) che ha confermato la sanzione disciplinare disposta dal Cnf a carico di chi abbia tentato di attirare clientela con insegne e offerte non consone a decoro e dignità. E così pure, più recentemente (Sezioni unite – sentenza 10 agosto 2012 n. 14368) per l’avvocato che apra lo studio a piano strada definendolo “negozio”, indicandone gli orari di chiusura ed apertura come una qualsiasi attività commerciale e reclamizzandone le tariffe a forfait a mezzo di vetrofonia.

Una retromarcia su tutta la linea, sotto questo versante, quello del testo approvato dalla Camera anche rispetto a quello uscito dal Senato, il cui comma 2 recitava che il contenuto e la forma dell’informazione dovessero essere coerenti con la finalita` della tutela dell’affidamento della collettività, nel rispetto del prestigio della professione e degli obblighi di segretezza e di riservatezza nonché nel rispetto dei princìpi del codice deontologico; mentre a norma del successivo comma 3 il Cnf avrebbe determinato i criteri concernenti le modalità dell’informazione e della comunicazione. Non ci si richiama ora più, nel testo emendato dalla Camera al codice deontologico, e tanto meno si demanda al Cnf la determinazione di criteri per la pubblicità, né si vincola il messaggio pubblicitario a criteri di segretezza e riservatezza: su quest’ultimo punto tuttavia va ricordato che già il comma 1 dell’articolo 6 del Progetto stabilisce che l’avvocato sia tenuto verso terzi, nell’interesse della parte assistita, alla rigorosa osservanza del segreto professionale e del massimo riserbo sui fatti e sulle circostanze apprese nell’attività di rappresentanza e assistenza in giudizio, nonché nello svolgimento dell’attività di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale.

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