La riforma dell’editoria sarà davvero legge entro l’estate? E il testo che uscirà dall’aula del Senato riuscirà davvero a dare nuova linfa al settore? Da martedì si aprirà il dibattito sul ddl approvato lo scorso marzo dalla Camera. Proprio il relatore di quel testo, Roberto Rampi, lanciò in quei giorni l’auspicio per un’approvazione entro l’estate. Ma le ampie deleghe alle azioni di governo inserite nel disegno di legge non lasciano tranquilli gli editori indipendenti e non profit.
Se la Fnsi ha ribadito più volte, e lo ha fatto di nuovo in questi ultimi giorni, che la priorità adesso sta nell’ok del Senato alla riforma, non tutti sono d’accordo. Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente del sindacato dei giornalisti, hanno accolto con soddisfazione la decisione del Senato di calendarizzare in aula il ddl di riforma dell’editoria.
La decisione, hanno spiegato i vertici della Fnsi, va nella direzione auspicata dal sindacato e dalle Associazioni regionali di stampa, che hanno promosso iniziative di mobilitazione a tutti i livelli per favorire l’approvazione in tempi brevi del ddl. E ora? “Adesso ci si augura che, nel rispetto dell’autonomia dell’assemblea del Senato, l’iter della riforma venga concluso, almeno a Palazzo Madama, prima della pausa estiva”, hanno ribadito Lorusso e Giulietti.
Ma come abbiamo detto, non tutti sono su questa linea. Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato alcuni articoli che lo dimostrano e che portano la firma di giornalisti che si sono impegnati in prima linea fin dall’inizio nel dialogo tra istituzioni, federazioni e associazioni del settore. Sia per Roberto Paolo, vicedirettore del Roma, che per Enzo Ferrari, direttore di TarantoBuonasera, le notizie che arrivano da Roma non sono molto confortanti, soprattutto perché il governo ha posto il veto su tutti gli emendamenti presentati per la modifica del testo di legge.
In realtà il relatore della pdl Editoria, Roberto Cociancich (Pd), ha salvato solo quello, a firma della Lega Nord, che estende l’incentivazione fiscale degli investimenti pubblicitari incrementali alle emittenti locali. Quest’emendamento, che deve essere ancora votato in commissione Affari costituzionali, riguarderebbe solo quotidiani e periodici.
Parlando della riforma dell’editoria non bisogna dimenticare la questione delle edicole e dei giornalai. Anche in tal senso si registrano più critiche che altro per un testo, come ha spiegato il presidente del Sindacato Nazionale Autonomo dei Giornalai, Armando Abbiati, che non potrà sopperire allo stato di crisi e risollevare le sorti della rete di vendita, a meno delle necessarie modifiche.
E allora, la riforma dell’editoria sancirà la ripresa del settore o la fine di tanti editori (soprattutto medio-piccoli), distributori e rivenditori? In poche parole, si darà davvero nuova linfa al pluralismo delle voci e dell’informazione? La speranza resta questa, ma l’allarme per la democrazia e per tutto il Paese ormai è stato lanciato.
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