Torna la questione del giornalismo d’inchiesta in Rai. E torna a infiammare il dibattito politico in Commissione Vigilanza. A prendere carta e penna sono stati i capigruppo dei partiti di minoranza che hanno sottoscritto un documento in cui hanno espresso tutta la loro preoccupazione sul destino delle redazioni di alcuni dei programmi Rai che potrebbero andare incontro, secondo quanto ormai da tempo denunciano dal centrosinistra, a una vera e propria desertificazione. Il documento è stato sottoscritto da Stefano Graziano (Pd), Dario Carotenuto (M5S), Maria Elena Boschi (IV), Peppe de Cristofaro (Avs). E arriva all’indomani della presentazione, o almeno dei primi rumors a proposito dei palinsesti di viale Mazzini dove molti programmi sembrano aver trovato un ridimensionamento di spazi (e non solo) dovuto anche ai risultati di share. “Siamo preoccupati dalle notizie di queste ore sui palinsesti del servizio pubblico per la prossima stagione televisiva Rai. Sembra che alcune trasmissioni di giornalismo d’inchiesta e di approfondimento, tra i cardini del contratto di servizio e della mission del servizio pubblico, potrebbero subire pesanti tagli a partire dalla prossima stagione”, affermano nel loro documento i capigruppo. Che incalzano: “Agorà Weekend, Tango, Petrolio, Gocce di Petrolio e Indovina chi viene a cena, trasmissioni informative e di servizio pubblico, sono ad alto rischio e potrebbero non essere confermate nei palinsesti Rai 2025/2026″. Si parla inoltre di una possibile riduzione di quattro puntate per Report e di due per il programma di Riccardo Iacona Presa diretta”. Si tratterebbe, per l’opposizione di un nuovo banco di scontro: “Su queste possibili decisioni, anche se non ancora confermate, sta montando un malumore generale contro la gestione della programmazione da parte della direzione approfondimento, guidata dal meloniano Paolo Corsini”. E quindi la conclusione: “Se queste voci venissero confermate ci troveremmo di fronte ad una riduzione dell’offerta di approfondimento giornalistico e d’inchiesta che rischia di minare il pluralismo radiotelevisivo. Un Cda senza presidente non può prendere decisioni di questo tipo”.