Radio radicale, come uccido la democrazia con un tweet

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La vicenda di Radio radicale rappresenta una delle pagine peggiori di questa
fase politica. L’oscurantismo del Governo, infarcito di falsi efficientismi
e di improbabili spinte liberiste, si manifesta in pieno. Chi non è con noi,
è contro di noi. E Radio radicale non è con il Governo, perché non è con
nessuno. E’ nata per essere la voce di tutti contro i regimi, qualsiasi
regime, un angolo di libertà; un modo per dare spazio a tutti e per rendere
trasparenti ai cittadini i processi decisionali delle istituzioni, della
giustizia. Il sottosegretario Crimi, quello dello streaming ad ogni costo,
una volta acquisito il potere ha invertito direzione; bastano i programmi
della una volta tanta vituperata Rai; è bastato poco alla lega ed al
movimento cinque stelle, se per poco si intende assumere il timone del
comando, per cambiare idea sull’emittente pubblica. Ma ciò che lascia
sconcertati è la confusione che impera tra funzioni esecutive e funzioni
legislative. Le decisioni sulla tutela della libera informazione non
dovrebbero mai essere una competenza del Governo, ma della politica, in
senso alto; frutto dello scambio di opinioni tra maggioranze e opposizioni,
con la consapevolezza delle prime che possono diventare le seconde. Spegnere
il dibattito, o meglio spegnere gli spazi di dibattito, con decisioni che
derivano esclusivamente dal Governo significa, semplicemente, bloccare la
conoscenza, la libertà di scelta, i principi di un sistema democratico. Uno
dei mantra del movimento cinque stelle era quello di rendere le istituzioni
delle case di vetro; una volta arrivati nelle istituzioni hanno ben deciso
di oscurare quei vetri. La questione di Radio radicale non è la questione di
Radio radicale, ma dei residui spazi di democrazia. Sono bastati pochi tweet
e qualche post e il Governo ha realizzato il delitto perfetto della libertà
di informazione.

Enzo Ghionni

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