Quindici proposte per l’informazione: se ne è parlato a Palazzo Farnese

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Quindici proposte per “rinforzare l’ecosistema dell’informazione”. Il resoconto dell’indagine francese sui media è arrivato anche in Italia. Ed è stato presentato agli Stati generali dell’Informazione “visti da Roma” tenutisi presso la sede dell’Ambasciata francese in Italia, a Palazzo Farnese. Le quindici proposte sono state presentate da Bruno Patino, presidente di Arte e del comitato degli Etats généraux de l’Information. Si tratta di tracce importanti, semplici eppure complesse: fare del pensiero critico e dell’educazione ai media a scuola una priorità; neutralizzare la disinformazione con una campagna di sensibilizzazione preventiva su larga scala (prebunking); ampliare il campo delle società benefit per includere anche le imprese che fanno informazione; migliorare la governance dei media d’informazione; rafforzare la protezione delle fonti e legiferare contro le azioni legali intimidatorie (le procedure bavaglio); introduzione di una certificazione volontaria per gli influencer dell’informazione; creare un nuovo dovere: la responsabilità democratica; ridistribuire parte della ricchezza captata dai fornitori di servizi digitali per migliorare l’informazione; garantire il pluralismo dei media nel contesto delle concentrazioni; promuovere un riconoscimento europeo del diritto all’informazione; instaurare un pluralismo effettivo negli algoritmi; rendere più competitivo il mercato dell’intermediazione pubblicitaria online per garantire una condivisione equilibrata del valore; introdurre un obbligo di dare maggiore visibilità ai contenuti informativi per le più grandi piattaforme; rendere effettive le responsabilità delle grandi piattaforme nella lotta contro la disinformazione e il cyberbullismo preparando un secondo atto del Digital Services Act (DSA); consolidare una politica di lotta alla disinformazione a livello europeo.

Ma non basta. Perché la proposta riguarda anche due raccomandazioni rivolte ai giornalisti: “la professione dovrebbe intraprendere un processo di certificazione ampio e proattivo, un modo per rafforzare la fiducia, garantire l’efficacia delle politiche pubbliche e riequilibrare il rapporto con le piattaforme; la professione dovrebbe iniziare a costruire uno strumento di gestione collettiva per i media d’informazione, ovvero promuovere il passaggio da un’economia basata sui link, sui diritti di prossimità, a un’economia basata sui contenuti, che potrebbe richiedere un sistema di licenze collettive o addirittura licenze legali”.

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