Radio/TV

Questione frequenze e contributi. Il Governo chiude giornali e tv locali

Ormai il Governo ha deciso. Giornali e televisioni locali dovranno chiudere. E’ questa la sintesi dell’ultima settimana politica che ha colpito con una mannaia l’informazione locale. Migliaia saranno i giornalisti e i tecnici che perderanno il lavoro e solo pochi di essi potranno sperare in un reintegro. Tutto questo perché non ci saranno più giornali e televisioni locali. Mai nella storia della Repubblica si era visto un tale accanimento contro il pluralismo, eppure il sodalizio verdegiallo ha cancellato tutto con un colpo di spugna. Il caso delle tv locali è eclatante. Non solo vengono azzerati i contributi ma addirittura gli vengono sottratte le frequenze, in nome della famosa asta 5G che si sta scatendando fra gli operatori della telefonia e a cui guarda con “appetito” il Governo per finanziare il reddito di cittadinanza e il condono fiscale. Il nodo della questione ruota tutto attorno alle 700MHz, ossia la banda attualmente fruita dalle emittenti televisive per il digitale terrestre e, secondo la Legge, in fase di liberazione nel 2022 con il passaggio al nuovo standard DVB-T2. Secondo quanto emerso dal Tavolo TV 4.0, e riportato da Italia Oggi, la RAI avrebbe presentato ricorso al Tar del Lazio per l’annullamento del nuovo piano di frequenze preapprovato dall’AGCOM. La TV nazionale ritiene infatti che il passaggio di trasformazione del multiplex andrebbe a sprecare risorse pubbliche e sopratutto impedirebbe all’azienda lo svolgimento delle proprie attività. Gli avvocati sostengono che il passaggio ad una banda di minore importanza, come la sub-700, andrebbe a non distribuire il segnale uniformemente sul territorio, lasciando in blackout varie zone del territorio italiano. L’offensiva, oltre ad altri emittenti nazionali, riguarda anche le TV locali; Marco Rossignoli, il coordinatore di Aeranti-Corallo, ritiene “essere inaccettabile la sola discussione, in favore delle TV locali, della soppressione della riserva pari a circa il 30% della capacità trasmissiva totale delle frequenze nazionali; senza comunque essere in grado di garantire il corretto passaggio al DVB-T2 e, sopratutto, la vita imperitura delle tantissime emittenti locali”.

 

Redazione CCE

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