PUBBLICITÀ NELLA CARTA STAMPATA. LE CONSIDERAZIONI DI BORIS BIANCHERI

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Abbiamo parlato, nella news del 14/06/2008 (La pubblicità resiste alla crisi generale. 2008 di successi e ottime previsioni di crescita) delle previsioni di crescita della pubblicità emerse dall’annuale assemblea dell’UPA (associazione delle imprese che investono in pubblicità), tenutasi a Milano, l’11 giugno scorso. Sulla base di tali informazioni (disponibili sul sito www.upa.it), nel 2008, gli investimenti pubblicitari avranno un incremento del 3,4%, sfiorando la quota di 10,7 miliardi di euro. A farla da padrona, come sempre, la tv, con il 48,5% del totale (5,2 miliardi di euro con un incremento dell’1,6% rispetto al 2007), seguita dalla stampa con il 30% (3,3 miliardi di euro + 1,5)%, dalle affissioni con l’8% (857 milioni di euro + 4,8%), da internet con il 6,3% (675 milioni di euro + 29,8%), dalla radio con il 5,9% (598 milioni di euro + 4,2%) e dal cinema, con lo 0,6% (64 milioni di euro + 1%).
I dati diffusi dalla Nielsen Media Research, sempre sulla crescita pubblicitaria, mettono in evidenza come, anche se la torta complessiva del mercato pubblicitario resta la stessa, si incrementano i flussi interni tra un mezzo pubblicitario e l’altro. In particolare, i quotidiani nazionali vedono gli investimenti pubblicitari scappare via a favore delle edizioni locali.
Riportiamo di seguito parte dell’intervento del presidente della Federazione Italiana Editori Giornali, Boris Biancheri, sulla situazione dei giornali nel periodo 2005-2007, pubblicato su www.media2000.it.
“Nonostante la positiva evoluzione del biennio 2006-2007 e di questa prima parte del 2008, uno dei problemi centrali per la stampa resta quello di un flusso di ricavi pubblicitari che appare strutturalmente inadeguato in rapporto ai ricavi editoriali complessivi. Nel 2000, i ricavi pubblicitari rappresentavano il 58% del fatturato editoriale; attualmente rappresentano a mala pena il 45% del fatturato. Anche il confronto internazionale conferma tale inadeguatezza: nella generalità dei paesi i ricavi pubblicitari hanno percentuali di incidenza sul fatturato superiori al 50%. La situazione italiana ha anche un’ulteriore caratteristica non positiva per la stampa: quella dell’asimmetrica ripartizione degli investimenti pubblicitari tra i mezzi di comunicazione e, quindi, della posizione di strutturale vantaggio acquisita dalla televisione rispetto agli altri mezzi. Le previsioni di un rallentamento strutturale della crescita della pubblicità televisiva non sembrano fondate sia per la forte espansione delle emittenti satellitari, sia per l’avvento del digitale terrestre che moltiplicherà canali ed emittenti, sia per l’entrata in vigore delle nuove norme europee che hanno ampliato le potenzialità delle emittenti di contenere pubblicità grazie a pratiche come il “product placement”. Non a caso nel primo bimestre del 2008 il fatturato pubblicitario delle televisioni generaliste è aumentato del 4,8%.
I problemi chiave con i quali gli editori devono confrontarsi – continua il presidente della Fieg – sono sostanzialmente legati ad un mercato che non si espande sufficientemente nelle sue due componenti di fondo: vendite e pubblicità. Una situazione del genere costringe le imprese a cercare di razionalizzare e riorganizzare costi e strutture produttive per ottimizzare le risorse umane e tecnologiche disponibili. Le tecnologie digitali e le iniziative online offrono nuove opportunità di business. Quel che è certo però è che le possibilità di sviluppo del settore devono trovare un ambiente favorevole che stimoli gli operatori ad investire nelle attività tradizionali e in quelle innovative. L’ambiente favorevole è determinato soprattutto dall’efficienza complessiva di un sistema di regolazione che spetta ai cosiddetti “policy makers” di delineare ispirandosi ad una visione organica dei problemi dell’informazione giornalistica che agisca sulle cause profonde delle difficoltà attuali.
In questi ultimi tempi – ne è riprova lampante l’ultima legge finanziaria – è mancato proprio l’ambiente favorevole nel senso che si è preferito tagliare contributi di carattere indiretto, come le agevolazioni postali – iniziativa che contribuirà a deprimere ulteriormente gli abbonamenti invece di incentivarli come sarebbe stato sommamente auspicabile – piuttosto che operare una razionalizzazione dell’intervento pubblico nel quadro di una visione organica dei problemi del settore da avviare a soluzione con misure di reale sostegno in un momento di crisi che è soprattutto di carattere industriale”.
Fabiana Cammarano

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