PRIVACY “CHE VA E CHE VIENE”

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A New York la sicurezza “abbatte” la privacy. 3000 telecamere sempre accese, strumenti per la rilevazione di radiazioni, collegamento alle banche dati nazionali. Il sindaco Bloomberg approva: «È il futuro». Intanto Google paga 22,5 milioni per aver “spiato” i navigatori di Safari.
Si il chiama sistema “Dominio della conoscenza “(Domain Awarebess System), costata 40 milioni di dollari, realizzata per iniziativa di Raymond Kelly, il commissario della polizia di New York, e sviluppata in collaborazione con la Microsoft.
Tale avveniristico strumento è in grado di catalogare e schedare una enorme mole di informazioni di varia natura: le chiamate alla polizia, le multe avute per divieto di sosta, la presenza di radiazioni potenzialmente pericolose. Inoltre, con i suoi occhi digitali, è capace di ricostruire la storia recente di auto. Tale mole di dati viene incrociata con quelli delle banche dati nazionali, a cui il super computer ha accesso.
Per quanto la diffusione, il sistema è presente nella parte sud di Manhattan, a Times Square e al Palazzo di Vetro. L’intenzione è quella di diffonderlo in tutta New York e di ottimizzare la copertura delle rotte aeree. Il tutto per combattere criminalità di ogni genere, compreso il terrorismo. Non è superfluo dire che l’attentato dell’11 settembre brucia ancora, soprattutto al reparto sicurezza.
Non è mancata una prova generale. L’altro ieri i poliziotti hanno posizionato un “pacco sospetto” a Union Square per saggiare la precisione del sistema. Quest’ultimo non ha deluso. Quasi in tempo reale, gli uomini che controllano “il cervellone” hanno individuato l’oggetto con la relativa provenienza. Inoltre il computer ha scovato chi lo aveva portato e dove si trovava il soggetto in quel momento.
Nonostante tale sistema rechi una non lieve infrazione alla privacy, il sindaco Bloomberg e la polizia sembrano soddisfatti. In questi casi, al di là di sterili discorsi su leggi e divieti, bisogna capire quale è il male minore. Inoltre il sistema Dominio della conoscenza potrebbe essere esportato in altre città.
Sempre in casa privacy, non è da trascurare la maxi multa imposta dalla Federal Trade Commission (Ftc) a Google. Si tratta di 22,5 milioni di euro che il colosso fondato da Page e Brin ha accettato di pagare, tramite patteggiamento, nonostante si tratti della sanzione più salata che la Ftc abbia imposto ad una società.
Stando alla Ftc Google avrebbe violato l’accordo firmato l’anno scorso proprio con la Commissione Usa. Tale patto impediva a Google di “infilare” i cosiddetti cookies in Safari, il browser della Apple, per tracciare il comportamento dei navigatori e cogliere informazioni per una pubblicità mirata. Per la Ftc Google ha agito in maniera non trasparente.
Per Jon Leibowitz, presidente della Federal Trade Commission, «la multa invia un chiaro messaggio a tutte le aziende: non importa quanto si è grandi o piccole, tutte devono mantenere le proprie promesse sulla privacy dei consumatori».
Da parte sua Google, pur accettando di pagare, non rinnega le proprie ragioni.
«Definiamo standard di privacy e sicurezza altissimi per i nostri utenti. La Ftc si è focalizzata su una pagina del centro assistenza pubblicata oltre due anni prima della nostra composizione amichevole e un anno prima che Apple cambiasse la sua politica per la gestione dei “cookies”. Ora abbiamo cambiato la pagina e rimosso dal browser di Apple i “cookies” pubblicitari, che non hanno raccolto alcuna informazione personale», hanno dichiarato da Mountain View.

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