“Contenuti violenti nei diversi media possono favorire comportamenti aggressivi nell’immediato e indurre a una concezione violenta della vita, un processo di vittimizzazione – cioè la tendenza ad avere paura di tutto – e ancora più inquietante è l’effetto spettatore, cioè l’induzione di un atteggiamento di desensibilizzazione rispetto alla sofferenza”.
Ma di comune, a livello internazionale, emerge anche la certezza che la famiglia, in questo ambito, svolga un ruolo fondamentale:
“La famiglia ha un enorme potere educativo ed è, di fronte alle altre influenze, certamente prioritaria. Deve essere però una famiglia che si sente forte, competente, in cui i genitori si sentono autorevoli, che hanno appeal sui figli. Non è da tutti…”. Il consumo e l’offerta dei media, quantitativa e qualitativa, cioè seconda e terza parte della ricerca, sono quelle più innovative, rispetto a un’ultima parte dedicata agli aspetti normativi nazionali e internazionali. L’analisi del consumo è suddiviso per fascia d’età. Primo, quello dei bambini, fino a 13 anni, visto dai genitori e non privo di contraddizioni:
“I genitori hanno interiorizzato l’idea che debbono controllare quello che i ragazzi fanno con i vari media. Loro dichiarano di farlo, ma in realtà – dalla ricerca sui figli – emerge che questo non è vero. I bambini hanno libero accesso ai diversi media, c’è un minimo di controllo solo per Internet verso i bambini più piccoli e il parental control viene usato da una percentuale che oscilla tra il 9-20% (per i maschi il 9%)”. Poi, il consumo analizzato è quello degli adolescenti, fortemente condizionati dai media nei loro schemi cognitivi in relazione ad amore, amicizia e sessualità. Gli adolescenti come fruizioni e preferenze si orientano su programmi di svago e narrazioni, dunque relax, e rifuggono risse, faziosità e elementi di disturbo. Di vigilanza parla anche l’Agcom: sicuramente, non serve solo l’aspetto sanzionatorio, dice, ma occorre collaborazione tra scuola e famiglia e soprattutto occorre un mutamento culturale che miri alla prevenzione, come spiega Giulio Votano, curatore della ricerca per l’Agcom: “Nel senso di munire di strumenti per l’uso consapevole dei media e anche per la conoscenza degli strumenti di tutela”.
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