PLURALISMO IN ITALIA: AUMENTA NUMERO UTENTI WEB MA STAMPA E TV SONO SEMPRE AL PRIMO POSTO

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Gli indicatori del pluralismo nei mezzi di comunicazioni sono notevolmente mutati in relazioni al diffondersi di nuovi mezzi di apprendimento e informazione. Questa è in sostanza la tesi di partenza del saggio sul pluralismo dei media a cura di Elisa Colorito e Daniela Fratini, che intende indagare la situazione a livello internazionale.
Lo studio – pubblicato nel volume n. 3-2011 della rivista Diritto ed Economia dei Mezzi di Comunicazione – avvia un raffronto critico avente come oggetto un paragone tra la situazione del pluralismo in Italia, negli Stati Uniti, in Giappone e in altri paesi europei.
I settori esaminati sono quello della televisione, dell’editoria e di Internet, lo strumento prescelto per l’analisi è quello dell’audience, volto ad individuare le fonti di informazioni maggiormente utilizzate dai cittadini.
In relazione a ciò è emerso che nell’ambito dei media la fonte privilegiata dagli utenti per il reperimento di informazioni è la televisione, dato che vale per tutti i paesi presi in esame. Ma allo stesso tempo emerge anche un altro fattore interessante, quello della quantità dell’offerta formativa televisiva.
Quest’ultima è concentrata tra un numero davvero ristretto di canali televisivi leader che va da sé, riducono la diffusione di un informazione realmente pluralista. In Italia, Francia, Germania e Regno Unito ben oltre la metà dell’audience è detenuta da due soli operatori ma bisogna considerare che, al momento della stesura dell’analisi, non era del tutto completato il processo di digitalizzazione della rete televisiva terrestre nel contesto europeo.
Il secondo settore di analisi è quello editoriale, in riferimento all’offerta gratuita e a quella a pagamento. Nel contesto generale di trasformazioni, la free press on line si conferma come preponderante rispetto all’offerta a pagamento, lasciando a quest’ultima una funzione per certi versi marginale, di approfondimento al posto del suo ruolo originario di aggiornamento.
Prevale comunque a livello di contenuto il genere dell’informazione nell’editoria a pagamento, nel genere rientrano tanto i quotidiani di qualità che quelli a vocazione più popolare.
Esemplare il caso dell’Inghilterra, in cui tra i primi 12 giornali più diffusi, figurano ben 4 quotidiani di stampo popolare-scandalistico.
Infine lo studio esamina il pluralismo dell’informazione in rete, con la conseguente previsione di incremento dell’audience.
In Italia sebbene il numero di utenti collegati ad internet sia in costante espansione (68.6% nel 2010 secondo i dati Audiweb), non riesce comunque a scalzare del tutto la posizione di televisione e stampa cartacea come strumenti principali di informazione. La partita si gioca sul filo dell’esclusività che rimane appannaggio dei media tradizionali, nonostante il reperimento di notizie on line risulti essere una della maggiori attività svolte dagli utenti della rete., grazie soprattutto al ruolo svolto dagli aggregatori di notizie e social network. In virtù di ciò è emblematico il caso dell’Italia, in cui le nuove forme di comunicazione on line non sono incluse tra le aeree economiche del Sistema Integrato delle Comunicazioni, ambito di applicazione delle norme a tutela del pluralismo.
Nelle conclusioni le autrici invitano ad adottare maggior flessibilità e prendere in considerazione anche e soprattutto le nuove forme di comunicazione nell’analisi del pluralismo dell’informazione.

Arianna Esposito

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