Editoria

Piracy Shield “oscura” Google Drive: un altro buco nell’acqua?

Aridaje: nuovo (e clamoroso) passo falso di Piracy Shield, adesso la piattaforma antipezzotto se la prende con Google Drive. È stato un sabato di fuoco quello della piattaforma che ha oscurato un dominio riferibile al colosso di Mountain View. L’orario è quello delle partite più calde della prima serata del weekend calcistico. I problemi si sono iniziati a notare già alle 19 e fino alle 22.15 Google Drive era praticamente fuorigioco. Per ripristinare il normale funzionamento del sottodominio di Google sono occorse ore. Ben sei, per la precisione. E nemmeno domenica tutto è filato davvero liscio dal momento che più di un azzoppamento nel sito, da cui è possibile scaricare materiale in maniera perfettamente legale, s’è registrato. Insomma, un altro caos. Un nuovo problema, un altro buco nell’acqua. Possibile, ci si chiede sui siti specializzati e non, che a nessuno sia venuto in mente di mettere Google Drive nella cosiddetta Whitelist di Piracy Shield che, come riferisce Wired, conta già ben 11mila risorse digitali in rete?

Il caso ha fatto rumore, adesso, perché son stati pestati i piedi al colosso digitale per eccellenza. Ma nel corso degli ultimi mesi sono state decine, se non centinaia, le segnalazioni di piccoli siti che finivano oscurati, raggiunti dalla perentoria richiesta di chiudere tutto entro mezz’ora a pena di venir calciati fuori dall’internet come una punizione sbagliata al 76esimo. Piccoli editori, talora, sono rimasti stritolati dal meccanismo. E allora il tema resta quello: il digitale va controllato ma c’è bisogno di un intervento umano che distingua il grano dal loglio. Perché agli algoritmi poco importa se tu sia l’ennesimo emulo di Roja Directa o un editore locale che tenta di sfangare la giornata oppure il più importante gigante del web che ospita infrastrutture digitali di capitale importanza, pubblica e privata. L’algoritmo chiude, stoppa, non guarda in faccia a nessuno. Che sia una lezione per tutti quelli che sperano di risparmiare due lire sostituendo tutti con l’intelligenza artificiale.

Luca Esposito

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