ORFEO AL TG1 PER UN VOTO. SI AI DIRETTORI DI RETE. NO AL NUOVO REGOLAMENTO. LICENZIATO IL GIORNALISTA CHE OFFESE I NAPOLETANI

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Mario Orfeo è la nuova guida del Tg1. Il direttore del Messaggero ce l’ha fatta per un solo voto. «Forse sarebbe stato meglio scegliere un professionista interno» ha obiettato Luisa Todini, consigliere Pdl del Cda di viale Mazzini. E perplessità per la nomina del giornalista napoletano sono arrivate anche dal cdr del notiziario, nonché dall’Usigrai: «Preoccupa una maggioranza così risicata». All’unanimità, invece, le direzioni di Giancarlo Leone per Rai1 e di Andrea Vianello per Rai3. Angelo Teodoli è finito a Rai2 con soli due voti contrari. Intanto Giampiero Amandola, il cronista del Tg Rai di Torino che offese i tifosi partenopei in un servizio montato durante la partita di calcio Juventus-Napoli, è stato licenziato. «Era solo ironia. Farò causa alla Rai». «La Rai scelga una misura meno drastica» hanno rincarato la dose Ordine e Usigrai. Questo ed altro è accaduto ieri ai piani alti della Tv di Stato. Proviamo a fare chiarezza e procediamo con ordine.
Il Cda Rai, riunitosi giovedì pomeriggio, ha dunque approvato tutte le nomine proposte, a suo tempo, dal direttore generale Luigi Gubitosi.
Giancarlo Leone, che prima guidava la direzione di Rai Intrattenimento (struttura che verrà cancellata), passa alla guida di Rai1. Per Mauro Mazza è pronta, invece, la presidenza di Rai Cinema.
Tutti d’accordo anche per l’avvicendamento Antonio Di Bella – Andrea Vianello alla direzione della terza rete. Il primo tornerà a fare il corrispondente da Parigi. Il secondo, probabilmente, lascerà la conduzione di Agorà.
Passa ugualmente, ma con i voti contrari dei due consiglieri del Pd eletti dalla società civile (Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi) la nomina di Angelo Teodoli, ex direttore dei palinsesti, al guida di Rai2. E per Pasquale D’Alessandro, ex leader della seconda rete, ci sarà la gestione di un canale digitale.
Dunque, come anticipato, sono state approvate tutte le nomine proposte da Gubitosi. Tuttavia per la poltrona più delicata, quella del Tg1, il Cda si è praticamente “spaccato” a metà. Ben quattro consiglieri su nove hanno detto “no” all’orami ex direttore del Messaggero, Mario Orfeo. E il muro è stato alzato da una “doppia coppia” di consiglieri bipartisan. Infatti si sono opposti alla nomina del giornalista napoletano Antonio Pilati e Luisa Todini, rispettivamente in quota Pdl e Lega (anche se per la seconda ci sarebbe stato un accordo tacito tra il partito di Via dell’Umiltà e il Carroccio), nonché benedetta Tobagi e l’ex pm Gherardo Colombo (già contrari a Teodoli).
La Todini ha motivato così il suo diniego: «Il mio è stato un “no” sul metodo, non sulla persona. C’erano decine di professionisti interni di altissimo livello. Perché sceglierne uno esterno?». In effetti tale polemica era già stata ventilata da alcuni consiglieri e commissari della Vigilanza alla vigilia del Cda.
Inoltre, a dar retta ai rumors, sembra che i consiglieri di Pdl e Pd avessero in mente altri candidati per la poltrona del Tg 1. Marcello Sorgi, in passato già direttore del telegiornale e ora editorialista de La Stampa, era gradito ai democratici, ma anche al centrodestra. E Monica Maggioni, inviata del Tg1, era ben vista dai pidiellini.
Sta di fatto che, alla fine, sia pure per un soffio, l’ha spuntata Orfeo: toccherà all’ex direttore del Mattino di Napoli, dunque, prendere in mano le redini del Tg1. E questo a partire dal prossimo 4 dicembre. A quel punto Alberto Maccari potrà anche andare in pensione cosa che, per la verità, l’ormai ex direttore del primo tg delle reti Rai avrebbe dovuto fare già l’anno scorso. E che ora, con la nomina di Orfeo, potrà finalmente realizzare.
Lo scontro sulla designazione di Orfeo, comunque, non è stato limitato al solo dibattito vissuto nel Cda, anzi. Critiche sono arrivate anche dalle associazioni di categoria. «Che fine a fatto l’analisi dei curricula. Si sono verificate le solite pressioni esterne di politica e lobby», hanno tuonato Libera, Libertà e Giustizia e il Comitato per il diritto all’informazione. E non è stato da meno l’Usigrai: «Dopo oltre un anno di immobilismo, il Tg1 non può ripartire con una nomina così risicata. Sono rimasti i vecchi e ben noti metodi di scelta condizionati dal governo», ha affermato il sindacato dei giornalisti Rai.
Ha avuto da ridire anche il cdr (comitato di redazione) del Tg1; «Orfeo è una scelta autorevole. Ma la maggioranza risicata è un brutto segnale. Serviva un’ampia condivisione. Inoltre i consiglieri dovevano spiegare con trasparenza le proprie decisioni».
Critiche e bacchettate a parte, va comunque sottolineato come la scelta di Mario Orfeo, pur avendo incassato i “no” di alcuni esponenti di Pdl e Pd presenti nel Cda Rai, ha anche meritato il plauso bipartisan di buona parte degli schieramenti politici. Perché dalle stesse fila da cui sono piovute bordate sono anche arrivati elogi. E questo un po’ da tutti i maggiori schieramenti dell’arco costituzionale. Compresi, appunto, Pdl e Pd. «È stata una scelta di sicura professionalità, adatta in un momento così delicato per la Rai e per il Paese», ha commentato Enrico Letta, vicesegretario del Pd. «Orfeo garantirà un’informazione libera», ha assicurato Angelino Alfano, segretario nazionale del Pdl.
Congratulazioni, sia pure di rito, sono arrivate anche da Sergio Zavoli, presidente della commissione Vigilanza: «Auguro buon lavoro a Orfeo e ai direttori di rete».
Ma ieri, in viale Mazzini, non si votava solo per la direzione del Tg1 e per i nuovi direttori di rete. C’era anche in ballo il nuovo regolamento per il Cda preparato dal presidente Rai, Anna Maria Tarantola. Le nuove regole? Non sono state per niente gradite.
Tutti i sette consiglieri eletti dalla Vigilanza (quindi di nomina parlamentare), infatti, si sono opposti. Solo Marco Pinto, esponente del Tesoro e la stessa Tarantola hanno votato “si” al nuovo “manuale”.
«Si tratta di un regolamento stalinista che impedisce ai consiglieri di avere un ruolo autonomo all’interno della Rai», ha protestato Antonio Verro, consigliere Pdl. In effetti, a ben vedere, le nome , così come sono state concepite, impedirebbero ai consiglieri di avere contatti con la stampa e di convocare dirigenti e impiegati per informarsi sull’andamento della azienda. Tali ruoli spetterebbero al solo direttore generale. Cui pure i consiglieri dovrebbero inoltrare, per iscritto, eventuali domande per richiesta di informazioni. Il tutto, secondo la Tarantola, solo ed unicamente per migliorare la gestione interna e per una maggiore riservatezza. Ma il super ruolo affidato al dg proprio non è piaciuto ai componenti della commissione Vigilanza. Che così hanno stoppato sul nascere il nuovo regolamento.
Bisogna ora vedere se il “manuale” sarà riproposto tutto uguale, se sarà emendato, oppure se sarà definitivamente cestinato. Fatto sta che è difficile che i consiglieri decidano, autonomamente, di ridurre ancora di più le proprie prerogative. Già il loro stipendio è stato abbassato; i privilegi sono diminuiti; i segretari a disposizione anche (sono passati da venti a sei). Per non parlare delle deleghe sulle scelte non editoriali che spettano al duo Tarantola – Gubitosi.
Ma a pensarci bene, la scelta di nuovo regolamento riguarda anche la parte amministrativa dell’azienda. Quindi è anche possibile, ma non certo, che il presidente e il dg facciano un “atto di forza” per imporre le nuove norme.
Un’altra scelta che pure ha sollevato dubbi, ma di tutt’altra natura, è stata quella presa dall’azienda, ieri mattina, di licenziare Giampiero Amandola, il giornalista Rai autore di un servizio giudicato «inqualificabile e vergognoso».
Il cronista, in un’edizione del Tgr Piemonte, in concomitanza con la partita Juventus – Napoli, durante un’intervista ai tifosi bianconeri, si era reso autore di un’uscita a dir poco infelice: «E voi [riferito ai tifosi juventini, ndr] i napoletani li distinguete dalla puzza?». Amandola è stato subito sospeso. E poi licenziato. Ma il giornalista ha replicato a muso duro: «Era solo una battuta ironica. Non sono razzista. Anzi, volevo difendere i napoletani. La colpa è del clima ostile creato dalla stampa e dai social network. Quindi è ovvio che impugno il provvedimento e farò causa alla Rai».
Sia per l’Ordine dei giornalisti, sia per l’Usigrai si tratta di un provvedimento comunque esagerato. «Era un servizio volgare. Ma il licenziamento è troppo. Non è giusto che i suoi due figli paghino l’errore del padre», ha affermato Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine.«Speriamo in una soluzione meno drastica. La Rai, in altre occasioni, non ha adottato lo stesso rigore», ha fatto eco il sindacato dei giornalisti».
Quindi la faccenda potrebbe anche risolversi in maniera più “pacifica”. Ciò eliminerebbe il rischio di una nuova causa di lavoro per il servizio pubblico. L’ufficio legale della tv di Stato conta già una causa ogni dieci dipendenti. Qualcosa come 1.300 fascicoli su 13 mila dipendenti. Arrivati a quei numeri, un caso in più o in meno non fa alcuna differenza.

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