ORA CHE AI POLITICI SONO SUBENTRATI I TECNICI, AI GIORNALISTI SONO SUBENTRATI I CONIGLI

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Il Premier Mario Monti e i suoi ministri vanno in tivù con l’aria di fare un piacere al pubblico e il tono di chi non ha tempo da perdere. I giornalisti, anziché mandarli a quel paese, si stendono come stuoini e continuano a invitarli nei talk show.
Sembrano passati lustri da quando Giovanni Floris rifiutava di rispondere alle telefonate in diretta dell’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, Michele Santoro lo metteva in riga a male parole e Lucia Annunziata lo mandava in bestia tanto da fargli abbandonare la trasmissione. Allora, svettava la maschia tempra del giornalismo d’assalto e la politica si inchinava ai cani da guardia della democrazia. Ora che ai politici sono subentrati i tecnici, ai giornalisti sono subentrati i conigli. Le interviste tivù hanno la vivacità di un dialogo tra pesci. Nello schermo, giganteggiano Monti e i suoi. Sullo sfondo, si intravedono Fabio Fazio, Lilli Gruber e via dicendo che, per quel che servono, potrebbero andare a mensa lasciando i microfoni a rappresentarli.
Dal debutto a Porta a Porta su RaiUno, il premier ha fatto non meno di 15 apparizioni in talk show televisivi. Anche due volte il giorno, com’è successo con il Tg5 e Matrix sulle reti Mediaset e con Domande e risposte e Rapporto Carelli su SkyTg24. Nel complesso, ha monologato una ventina di ore, di fatto senza domande né interruzioni.
Aprendo bocca a Porta a Porta, ha precisato: «Vespa, non sono qui per compiacere lei». L’altro si è stretto nelle spalle e ha mormorato: «Ci mancherebbe». Ha poi completato il pensiero allargando le braccia per dire: «Faccia di me ciò che vuole, buana». Viziato da questo inizio da inglese in colonia, il premier nell’occasione successiva ha detto all’interlocutore di turno: «Cronista, faccia pure le sue domande». In un’altra ancora, a un quesito incauto, ha replicato al giornalista arrivato in ritardo: «Come ho già detto prima che lei arrivasse». Insomma, il gatto con il topo.
Date le premesse, si capisce come le interviste montiane siano spiccicate tra loro e di una noia catalettica. I giornalisti non ci provano neanche a mettergli pepe. Supplicano il premier di venire solo per dire un giorno ai nipoti: è stato anche da me. Si differenziano unicamente nei modi di compiacerlo.
Tutti hanno il sorriso fisso e l’aria ebete di chi è colpito da rictus. I più eccitati passano il piumotto sulla sedia di Monti prima che arrivi il premier, altri usano la lingua come il cucciolo con il padrone.
Per il resto, lasciano che il premier ci trituri con la solita tiritera: Sono venuto per salvare il Paese; l’Italia adesso è rispettata, siamo sulla buona via; i sacrifici saranno ripagati; il domani, grazie a noi, sarà migliore dell’oggi. Della serie: se la dice e se la canta, contro ogni evidenza.

Ora, non dico frustrare le certezze di Monti, ma almeno frenarle con un paio di domande. L’inflazione aumenta. Tasse, bollette, vitto e case, idem. Le agenzie di rating ci hanno sbattuto in B. Nel 2012, il Prodotto interno lordo è destinato a scendere dell’1,3%, che sono la bellezza di 20-25 miliardi. Dunque, il deficit sale, il debito pubblico anche. Caro Prof, è davvero soddisfatto o ci minchiona? Ecco, due o tre cose così, magari cercando di scuoterlo da quella calma atarassica che inquieta come avere di fronte uno zombie fuori dalla realtà. Se poi, qualcuno riuscisse anche a farlo uscire dai gangheri con una domanda vera, bé allora si guadagnerebbe lo stipendio. Ma sto perdendo tempo, ci aspettano altri mesi di teleschermi montianamente intasati e di nulla informativo.
Fortuna che, all’inizio del suo mandato a novembre 2011, Monti disse: «Noi non si parla con nessuno, men che meno con la stampa».
Una settimana dopo, già più possibilista, aggiunse: «Questo governo ha meno bisogno di comunicare di un esecutivo politico perché non ci presenteremo alle elezioni».
Se poi ha sbracato del tutto, significa forse che il premier e la sua squadra intendono presentarsi alle elezioni? È un segnale politico? Chissà. Sta di fatto che sbucano come funghi dai teleschermi anche Fornero, Severino, Passera, Profumo, Terzi di Sant’Agata, Giarda e Clini. Un’orgia di parole da cui ogni tanto esce una perla rivelatrice dei mondi intriganti da cui proviene la nuova genia che ci comanda.
Una frase per tutte, pronunciata dal ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola: «Ho imparato il senso della coesione a bordo dei sommergibili». Io giocando a calcetto e mi sento piccolo.
C’è poi da spiegare perché gli intervistatori facciano i reggicoda. Il motivo è che non pensano. Si schierano, o a destra o a sinistra. Fanno domande in base all’appartenenza: al miele con l’amico, al fiele con il nemico. Ma ora che destra e sinistra sono unite nel sostenere Monti non sanno che pesci prendere.
Toccherebbe al cervello farsi vivo. Ma è in tilt per il disuso. Inoltre, c’è il rischio di un salto nel buio. Se faccio la domanda sbagliata e Monti si irrita, chi mi protegge? Chi è il più forte: lui o il partito che mi sostiene?
Nel dubbio, se lo tengono buono in tivù. Loro calano le brache, a noi calano gli zuccheri.

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