ONLINE ADVERTISING/ IAB EUROPE STABILISCE UN CODICE DI AUTOREGOLAMENTAZIONE PER LA PRIVACY

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Maggiori garanzie di trasparenza e di controllo dei propri dati per gli utenti della rete, queste le priorità ribadite nei principi dell’OBA (Online Behavioural Advertising), vale a dire l’offerta di pubblicità online, mirata, sui siti visitati dai navigatori attraverso un’archiviazione automatica (anche se in via anonima) delle preferenze di visualizzazione individuate nell’attività del browser. Un sistema congegnato per personalizzare la pubblicità smistata su Internet, rendendola contestuale nonché funzionale alle ricerche degli utenti.
È stato IAB Europe (Internet Advertising Bureau) a rendere pubblico il nuovo codice lo scorso 14 aprile, aprendo per l’occasione anche un sito www.youronlinechoices.eu. Un portale informativo accessibile a chi intenda comprendere le dinamiche del behavioural advertising (altrimenti definito “Ad matching”), controllare la gestione dei cookies per proteggere la navigazione ed addirittura leggere le istruzioni per presentare un potenziale reclamo sul servizio erogato, con un link diretto ad una delle compagnie facenti parte del consorzio europeo IAB. La lista è lunga, tra le più importanti vale la pena nominare Google, AOL/AOL Advertising, Microsoft Media Network/Msn e Yahoo!.

Ma che cosa hanno in comune tutte queste grandi società? A quanto pare la gestione della privacy degli utenti che navigano indisturbati sulla Rete, ignari del fatto che ogni ricerca effettuata sul web si traduca in un flusso di informazioni catturate e trasformate in annunci pubblicitari.
Eppure il codice sembra chiarire in più punti la possibilità di scongiurare un abuso dello strumento, puntando sul marchio di garanzia OBA. Sì, un vero e proprio “bollino” di qualità che le aziende adotteranno a propria discrezione, e che dovrebbe garantire a ciascun consumatore il controllo sulle pubblicità, la trasparenza nella modalità di acquisizione dei dati personali, la sicurezza mediante un loro uso limitato, oltre che il rispetto di vincoli ben precisi per quei messaggi diretti ai minori. Già il fatto di possedere il marchio OBA, sarebbe sufficiente a segnalare agli utenti o ad altre società, la sottoscrizione e la corretta applicazione sia del codice di autoregolamentazione in questione, sia delle raccomandazioni stilate dalla European Advertising Standard Alliance – EASA, valide per l’intero ecosistema dell’online advertising. Offrire maggior controllo e capacità di scelta agli utenti attraverso regole valide a livello europeo senza però intaccare la fluidità della navigazione, un aspetto cruciale per un settore (quello dei servizi gratuiti offerti dalla Rete) che secondo uno studio commissionato dallo stesso IAB alla società di consulenza manageriale McKinsey, valeva nel 2010 ben 100 miliardi di euro. Una cifra che sarebbe destinata a crescere entro i prossimi 5 anni, raggiungendo i 190 Miliardi di euro. Il comparto cd. “free” del web comprende servizi come Facebook, Twitter, le nostre webmail, i servizi di browsing, le mappe satellitari, videogame, l’istant messaging, i siti d’informazione, i dizionari online, le piattaforme di comparazione dei prezzi. Hanno tutti in comune il monitoraggio del “consumer surplus”, ovvero il valore economico di tutto ciò che è gratis su Internet al netto dei costi legati al servizio come quelli di connessione e di accesso alla rete. È dunque quello che nella macroeconomia keynesiana si definirebbe il moltiplicatore, nel nostro caso virtuale, degli investimenti pubblicitari nel cyberspazio, attivato anche dalle concessioni sulla privacy di ogni singolo navigatore. Il “White Paper” della McKinsey così come il codice di autoregolamentazione si rivolgono dunque ad un fronte comune, quello delle enormi risorse economiche concentrate nell’online advertising che non possono prescindere da un dibattito svolto anche a livello istituzionale attraverso cui i policy makers dovranno prendere decisioni puntuali sui possibili sviluppi e su di una seria governance dell’intero settore.
Manuela Avino

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