Ok dalla Camera, ma restano le deleghe: riforma editoria va in Senato

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Dopo l’ok della Camera all’istituzione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione (che sarà al Mef e non più a palazzo Chigi), viene approvato il testo della pdl Editoria. Restano le deleghe al governo per la ridefinizione del sostegno pubblico e per la revisione della disciplina del settore dell’Editoria. Pd, sinistra italiana, i verdiniani di Ala, Sc, Ncd-Udc, minoranze linguistiche, gruppo misto-Psi e centro democratico spingono la riforma del settore al Senato

Con 292 voti favorevoli, 113 contrari e 29 astensioni, la proposta di legge per la riforma dell’editoria viene approvata, in prima lettura, dalla Camera. A favore del provvedimento, che nelle intenzioni punta ad un intervento organico su tutto il settore editoriale, sono stati Pd, sinistra italiana, i verdiniani di Ala, Sc, Ncd-Udc, minoranze linguistiche, gruppo misto-Psi e centro democratico. Lega e Fratelli d’Italia si sono astenuti, mentre M5S, Fi e Cor hanno votato contro. La parola adesso passa al Senato.

Le novità introdotte, tra quelle approvate dalla commissione Cultura e dall’Assemblea, non sono poche. Tuttavia restano ancora diverse misure che vengono rinviate ai numerosi decreti delegati che il governo potrà varare dopo l’approvazione della legge. Si parte dal riordino del finanziamento pubblico con l’istituzione di un Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione. Le risorse arriveranno, tra le varie fonti, anche dal surplus del canone Rai e da un contributo di solidarietà dello 0,1% dei redditi prodotti dalla raccolta e dalla vendita pubblicitaria.

Il governo dovrà comunque rivedere i requisiti ed i criteri per accedere ai contributi. Confermata l’esclusione dal sostegno gli organi di informazione di partiti, movimenti politici e sindacali, periodici specialistici a carattere tecnico, aziendale, professionale o scientifico. Niente risorse in vista anche per “le imprese editrici di quotidiani e periodici facenti capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in Borsa”.

La riforma non vuole occuparsi solo degli editori, ma del settore con tutto il suo indotto. Per questo motivo sono previste novità anche per la rete distributiva delle edicole e la vendita dei prodotti editoriali. Dal prossimo anno scatterà la norma che punta a rivoluzionare la parità di trattamento, cioè l’obbligo per i giornalai di mettere in vendita tutte le pubblicazioni che vengono mandate in edicola da grandi e piccoli editori. In sostanza, dal 2017 rimarrebbe il vincolo di assicurare la parità di trattamento senza discriminazioni tra prodotti editoriali, ma solo in occasione del loro primo lancio sul mercato. Lo prevede l’articolo 4 della riforma sull’editoria che è stato approvato con 300 voti favorevoli e l’Assemblea ha poi introdotto anche una norma che impone alle imprese di distribuzione di adeguarsi a questo obbligo.

La proposta di legge prevede anche la revisione delle norme sui prepensionamenti dei giornalisti e la composizione e le competenze dell’Ordine dei giornalisti. Attraverso una nota stampa, dodici presidenti degli Ordini regionali spigano che “l’approvazione in prima lettura alla Camera del provvedimento riguardante l’Ordine dei giornalisti rappresenta un primo, importante passo ed un ottimo auspicio per giungere in tempi brevi all’attesa riforma”.

Secondo i presidenti le misure vanno nella giusta direzione per “stabilire piena rappresentanza e operatività all’organismo di categoria dotando di nuova efficacia ed autorevolezza uno strumento che, nello scenario attuale, deve interpretare esigenze e istanze di tutti i giornalisti italiani”. A firmare il comunicato sono stati Paola Spadari (presidente Odg Lazio), Gabriele Dossena (Lombardia), Filippo Paganini (Liguria), Carlo Bartoli (Toscana), Valentino Losito (Puglia), Cristiano Degano (Friuli Venezia Giulia), Dario Gattafoni (Marche), Riccardo Arena (Sicilia), Domenico Sammartino (Basilicata), Alberto Sinigallia (Piemonte), Francesco Birocchi (Sardegna), Fabrizio Franchi (Trentino Alto Adige).

È stata prorogata la durata della commissione per la valutazione dell’equo compenso nel lavoro giornalistico. Con la modifica approvata, la commissione, istituita al dipartimento per l’Informazione e l’editoria della presidenza del Consiglio, resterà in carica fino all’approvazione della delibera che definisce l’equo compenso. Sarà presieduta dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega per l’informazione, la comunicazione e l’editoria e sarà composta da: un rappresentante del ministero del Lavoro; un rappresentante del ministero dello Sviluppo economico; un rappresentante del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti; un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei giornalisti; un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei committenti; un rappresentante dell’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (Inpgi).

Tra i compiti della commissione ci sarà la redazione di un elenco dei quotidiani, dei periodici, delle agenzie di stampa e delle emittenti radiotelevisive che garantiscono il rispetto di un equo compenso. A queste testate sarà poi data adeguata pubblicità sui mezzi di comunicazione e sul sito internet del Dipartimento.

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