NON TOCCATE IL DIRITTO ALL’INFORMAZIONE

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Tutti concordi: il diritto all’informazione non si tocca. È quanto emerso nel convegno “Processo penale e mass media” tenuto nel Saloncino dei Busti, in Castel Capuano di Napoli.
Nel suo intervento introduttivo, l’avvocato Mario Ruberto, ha sottolineato la necessità del contemperamento del diritto-dovere dell’informazione con la tutela dell’indagine penale e della sua segretezza. “Il diritto all’informazione, ha continuato Ruperto, è assolutamente irrinunciabile e prezioso per una società democratica, ma nel suo esercizio occorre tenere sempre presente quali sono gli obiettivi che si tutelano attraverso il rispetto del segreto dell’indagine penale e cioè la tranquillità e l’equilibrio del magistrato chiamato a decidere, la garanzia che non vengano inquinate le prove e la tutela della privacy di tutti i soggetti interessati. Rispetto, quindi, da parte di tutti, avvocati, magistrati, giornalisti delle regole deontologiche”.
Per Antonio Buonajuto, presidente della Corte di Appello di Napoli, nessun paletto all’informazione, ma occorre evitare il gossip e la spettacolarizzazione dei fatti. “Il processo non deve essere preda delle suggestioni. Per questo la giurisdizione deve fare la sua parte accelerando i tempi dei processi e gli organi di informazione devono evitare che si dia adito a facili deformazioni della realtà”.
Michele Scudiere, ordinario di diritto costituzionale presso l’Università FedericoII, ha ricordato che l’articolo 21 della carta costituzionale sancisce che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Occorre, però, che tale diritto sia esercitato nel rispetto di tutti gli altri parimenti garantiti dalla Costituzione.
Per Aldo De Chiara, procuratore aggiunto della Repubblica di Napoli, l’attuale disciplina può ritenersi un adeguato punto di incontro tra le esigenze connesse al potere-dovere della magistratura di accertare fatti penalmente rilevanti e l’esigenza di garantire il diritto alla riservatezza non solo degli indagati, ma di privati comunque coinvolti in una indagine penale. “Quello che non va, ha continuato il procuratore, sono le prassi degenerative che quotidianamente, purtroppo, siamo costretti a registrare. Occorre, quindi, un mutamento del costume di tutti i protagonisti del procedimento a cominciare dai pubblici ufficiali”.
Roberto Napoletano, direttore de “II Messaggero”, ha ribadito la necessità che la cronaca sia sempre competente e responsabile e ha ricordato come sovente l’indagine giornalistica abbia preceduto e promosso quella giudiziaria.
Manuela Avino

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