NO ALL’ACTA. IN EUROPA E’ QUASI FATTA

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«Dici no all’Acta». È lo slogan dei difensori della libera circolazione di idee e conoscenza. E lo slogan dei Partiti Pirata e non solo. Da domani anche l’Europa potrebbe votare contro l’Acta, ovvero l’ Anti-Counterfeiting Trade Agreement.
In altre parole si tratta dell’accordo commerciale plurilaterale che intende mettere un freno alla pirateria on line e proteggere i diritti d’autore sui contenuti che girano sul web. Domani, 4 luglio, conosceremo l’esito del voto al Parlamento europeo, che discuterà in sessione plenaria sull’accordo che fa tanto discutere la rete. Nell’ultima settimana è diventato un po’ più facile fare pronostici sul risultato della votazione, dal momento che le opinioni contrarie appaiono sempre più trasversali anche agli schieramenti politici. All’interno del Partito popolare europeo convivono posizioni diverse riguardo all’Acta, ma nell’ultimo periodo il “no” sembra essere la posizione prevalente.
Abbiamo sentito Marco Scurria, europarlamentare, e Deborah Bergamini, segretario della delegazione parlamentare presso l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, entrambi membri del Ppe. «Non nascondo che la posizione del Ppe sia di grande imbarazzo – afferma Scurria – poiché gli effetti indesiderati del testo dell’Acta costituiscono motivo di preoccupazione per noi. Ritengo pertanto che il Partito popolare europeo si rifiuterà di dare la sua approvazione. In ogni caso domani voterò “no”. L’Unione europea ha molto da perdere dall’assenza di un coordinamento globale, ma data la vaghezza di alcuni aspetti del testo credo che i vantaggi siano inferiori rispetto alle potenziali minacce alla libertà civile». Di “imbarazzo” parla anche Bergamini: «Non ci si aspettava una reazione così forte contro l’Acta. L’accordo arriva al voto dopo un iter burrascoso. La mia sensazione è che ci sia al momento un certo imbarazzo nella politica, che deve in qualche modo trovare un equilibrio tra i vari player presenti sulla rete».
Praticamente unanime all’interno del Ppe sembra essere il riconoscimento della necessità di trovare nuove modalità per proteggere il diritto d’autore. «La necessità di lavorare sulla protezione del copyright e sulla lotta alla pirateria on line – afferma Bergamini – è un tema sposato in pieno da Ppe. Parliamo di un argomento particolarmente importante soprattutto per l’Italia che, insieme alla Spagna, è nella black list dei paesi dove si consuma la maggiore quantità di contenuti piratati. Sicuramente la protezione dei diritti d’autore è un tema che in qualche modo va affrontato». «Il mio approccio verso questo tema è di tipo liberista – continua – ma condivido la necessità di tutelare il diritto d’autore. Per il nostro paese è di importanza fondamentale. Le leggi sul diritto d’autore in Italia sono quasi giurassiche, inadeguate alla realtà. Su quello va aperta una seria discussione a livello nazionale». Sulla stessa linea Scurria: «I problemi che l’Acta intende affrontare sono reali e preoccupanti. L’Europa non può competere in un’economia globale senza un’adeguata tutela della proprietà intellettuale e del diritto d’autore. Creare un coordinamento centrale organico è di importanza fondamentale per lo sviluppo di un’Unione europea basata sulla conoscenza, nonché per la protezione e la creazione di posti di lavoro in tutta Europa. Anche i casi di contraffazione e pirateria hanno registrato e continuano a registrare un notevole aumento. Le conseguenze della crescita di attività illegali vanno dalla perdita economica ai pericoli alla sicurezza».
Un intervento è quindi considerato necessario, ma con le dovute accortezze del caso. «Qualsiasi accordo internazionale che intende apportare sanzioni penali – spiega Scurria –deve necessariamente tutelare il principio della libertà individuale al fine di evitare errate interpretazioni dello stesso. Ad oggi, purtroppo, il testo dell’Acta non è sufficientemente preciso e va senz’altro rivisto». Dello stesso parere Bergamini, che afferma: «Qualsiasi intervento di regolamentazione della rete può risultare in qualche modo dannoso. L’unico principio da seguire per regolare la rete, proteggere il diritto d’autore e combattere la pirateria, è quello del minimo intervento possibile. In pratica, massimizzare i diritti, minimizzare le restrizioni. Perché la libertà di espressione e di circolazione delle informazioni devono essere assolutamente garantite».
Il problema alla radice dell’Acta e delle forti reazione di protesta e di rivendicazione della libertà della rete, starebbe quindi non tanto (o almeno non solamente) nei suoi contenuti, ma piuttosto nella modalità con la quale è stato presentato. «Bisogna stare molto attenti a prendere per oro colato il mito della libertà assoluta della rete – spiega Bergamini – anche perché spesso dietro questo discorso si celano grandi player che cavalcano questo argomento per trarne grandi vantaggi economici. A mio avviso, l’errore più grande che è stato commesso in questa particolare occasione, è stato quello di non cercare un confronto con i cittadini, di imporre qualcosa dall’alto. Si tratta di un errore che le istituzioni europee commettono di frequente. Ma questo alla rete non piace. Con la rete non funziona». Una posizione, questa, che sembra essere trasversale agli schieramenti politici. Anche il laburista inglese David Martin, membro del gruppo dell’Alleanza progressista di socialisti e democratici al Parlamento europeo, a proposito dell’Acta ha dichiarato che «una legge negoziata in segreto, di solito è una cattiva legge».

E mentre l’Europa attende l’esito del voto di domani, anche il Giappone stringe la morsa sulla pirateria on line. Il parlamento giapponese ha infatti modificato la legge sul copyright ed ha stabilito per i pirati del web pene fino a due anni di reclusione e multe fino a due milioni di yen (circa 20mila euro). Ma qualsiasi sia l’esito del voto di domani, la decisione davvero determinante sarà il parere della Corte di Giustizia europea. «Quella – afferma Bergamini -sarà la decisione veramente politica che determinerà il futuro dell’Acta».

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