Il sogno di Elon Musk è piazzarci un chip nel cervello che “sostituirà i cellulari”. L’imprenditore di origini sudafricane ha un progetto e una visione chiara: “In futuro non ci saranno telefoni, solo Neuralink”. Che, va da sé, è l’azienda che sta sperimentando l’utilizzo di chip e apparecchiature in grado di “ibridare” l’uomo e di unirlo davvero alla macchina. Forse sarà una boutade o forse no, fatto sta che le parole di Musk arrivano a distanza di qualche mese dal primo impianto di un chip cerebrale su un volontario. Con risultati che l’azienda reputa promettenti se non addirittura entusiasmanti. Il chip Telepathy mira a restituire a chi non ha più mobilità né l’uso degli arti, la possibilità di comunicare all’esterno connettendosi, semplicemente “pensando” a telefoni o computer. A marzo un video ritraeva il paziente giocare a scacchi con il pc semplicemente utilizzando il cervello.
La questione è molto più complessa di quanto appaia. E riguarda il rapporto tra uomo e macchina, come in un film o romanzo di fantascienza, ma pure impegna a pensare a un impatto multidisciplinare. Bisogna stabilire delle regole, capire le responsabilità e le potenzialità della tecnologia. Comprendere fin dove potrebbe spingersi, nei prossimi anni, questa tecnologia. Magari, come in un vecchio cartone di Matt Groening, ci ritroveremo con la pubblicità sparata direttamente nel cervello. E quale sarà l’evoluzione della raccolta dei dati? La politica non ha visione che, invece, appartiene ai magnati. Che sperano, presto, di trovare ulteriori campi di applicazione (e di guadagni facili) da cannibalizzare. Se la tecnologia sarà diffusa così come spera Musk occorre iniziare già da adesso a studiarla. Siamo già in ritardo persino sull’Ai.
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