MOBILITAZIONE A LIBERAZIONE E IL MANIFESTO (da L’Unità)

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I tagli voluti dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, al finanziamento pubblico alla stampa, di fatto pongono i giornali alle sue dipendenze. È la riflessione fatta dal direttore di Liberazione, Piero Sansonetti: «Questo regolamento – osserva Sansonetti – vede una riduzione del finanziamento pubblico in varie forme e prevede che sarà erogato di anno in anno sulla base delle disponibilità decise dal ministro del Tesoro. Ciò non solo rende i giornali alle dipendenze del ministro del Tesoro ma renderebbe impossibile ai piccoli giornali di fare delle previsioni sul futuro». Liberazione, come il Manifesto, come Europa e tanti altri «piccoli» che da anni cercano di sopravvivere tra i giganti editoriali. Giornalisti e poligrafici che rischiano il posto di lavoro, da un lato, l’informazione democratica che rischia un’amputazione, dall’altro. È questa la partita che si gioca. «Liberazione – continua – è in difficoltà quanto gli altri. Possiamo puntare solo su due voci: le vendite e il finanziamento pubblico. La pubblicità discrimina in Italia i piccoli giornali, per questo è necessario il finanziamento pubblico altrimenti esisterebbero solo i grandi quotidiani». Sansonetti, il direttore che poco piace al neo segretario di Rc Paolo Ferrero, sta anche lavorando a una sorta di coordinamento tra i direttori dei giornali politici: «Dobbiamo presentare emendamenti al regolamento. Ci sono degli spazi per garantire i finanziamenti. Va ristabilito il diritto soggettivo. Non riesco a credere che questo governo voglia davvero chiudere i giornali di sinistra». Sansonetti dal canto suo pone tre paletti: no alla retroattività del provvedimento; finanziamenti certi e non per decisione governativa; rimodulazione dei limiti stabiliti per accedere ai finanziamenti basati sul differenziale del 15% tra tiratura e copie vendute. Ma i redattori e il Cdr sanno che il problema è anche un altro: le intenzioni dell’editore unico, il Prc, finora silente. Annubi D’Avossa, del Cdr: «La società editrice deve dirci cosa intende fare a sostegno del giornale, della qualità del prodotto editoriale e dei posti di lavoro». Venerdì ci sarà un presidio pubblico a partire dalle 12 in redazione: lo stesso giorno il partito riunirà gli organi collegiali appena eletti e il punto all’ordine del giorno è proprio il futuro del quotidiano. Anche il Manifesto ha lanciato un appello per difendere l’editoria cooperativa e politica a rischio estinzione per i tagli dei finanziamenti pubblici decisi dal governo. «Non sarà più lo Stato (con le sue leggi) a sostenere giornali, radio, tv che non hanno un padrone né scopi di lucro. Sarà il governo (con i suoi regolamenti) a elargire qualcosa, se qualcosa ci sarà al fondo del bilancio annuale)», ha scritto il quotidiano di via Bargoni, definendo quella in atto da parte del governo «una sorta di pulizia etnica dell’informazione». Il quotidiano pubblica anche un’intervista a uno dei padri del giornalismo italiano, Giorgio Bocca, dal titolo “Sento puzza di fascismo e stampa di regime”. «Questa volta il problema si inserisce in una battaglia politica contro una logica che non accettiamo, ossia quella di fare una sorta di pulizia etnica dell’informazione, di continuare ad aiutare i grandi gruppi editoriali cancellando i piccoli. Questa volta chiediamo i soldi per continuare una battaglia politica», ha detto il direttore Gabriele Polo. «Bisogna riordinare il sistema dei finanziamenti. Un errore del precedente governo Prodi – continua Polo – è stato quello di non aver fatto una legge che mettesse ordine ad una giungla di contributi che non ha più senso. Invece è stato scelta un’altra operazione, è stato varato un regolamento che può essere cambiato in ogni momento». «Con questo taglio -conclude il direttore del “Manifesto” – potremmo chiudere anche domani, è per questo che chiediamo aiuto ai nostri lettori. Dobbiamo sopperire a ciò che lo Stato non ci dà più».

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