Una campagna radiofonica per allargare a macchia d’olio quanto di buono sta già succedendo sul web e social network: è un successo, infatti, l’iniziativa “Meno giornali, meno liberi”, lanciata sul sito www.menogiornalimenoliberi.it e su Facebook e Twitter con l’hashtag #menogiornalimenoliberi. Ora si cerca di rilanciare i buoni risultati ottenuti sul web anche su media più tradizionali, come la radio. D’altronde l’informazione, ed il diritto al pluralismo dell’informazione, sono concetti che vanno intesi a tutto tondo su tutti i mezzi di comunicazione a disposizione. E così la campagna “Meno giornali, meno liberi” per il pluralismo dell’informazione e l’editoria non profit arriva su Radio Vaticana e le emittenti del circuito Mediacoop con uno spot che in 30″ racconta quali sono gli elementi principali della mobilitazione.
Misure urgenti per la salvaguardia dei piccoli editori
Alleanza delle Cooperative Italiane Comunicazione, Mediacoop, Federazione Italiana Liberi Editori, Federazione Italiana Settimanali Cattolici, Federazione Nazionale Stampa Italiana, Articolo 21, Sindacato Lavoratori della Comunicazione CGIL, Associazione Nazionale della stampa Online, Unione Stampa Periodica Italiana hanno dato il via alla campagna “Meno giornali, meno liberi” per salvaguardare il il pluralismo dell’informazione proponendo Manifesto/Appello da sottoscrivere affinché possa essere più forte la voce degli editori verso Governo e Parlamento per fare approvare misure urgenti, tese a salvaguardare le testate di cooperative e altre realtà non profit, a rischio di chiusura a causa di tagli immotivati del contributo diretto all’editoria e richiedere l’avvio immediato di un Tavolo di confronto sull’indispensabile riforma dell’intero sistema dell’informazione (giornali, radio, tv, internet).
Voci libere a rischio
Oltre 200 giornali rischiano oggi, se non interverranno il Governo e il Parlamento con misure urgenti e adeguate, la definitiva chiusura. Una chiusura che sarebbe di straordinaria gravità per un Paese democratico.
Le conseguenze sociali ed economiche di queste chiusure? Perdita di più di 200 voci libere dell’informazione, di 3.000 posti di lavoro tra giornalisti, grafici e poligrafici, con una forte ricaduta negativa per l’indotto (tipografi, giornalai, distributori, trasportatori) e per le economie locali nel loro complesso. Le copie di giornali distribuite ogni anno in Italia diminuirebbero di ben 300 milioni, con 500 mila pagine di informazione in meno ogni anno e milioni di articoli, post prodotti, e contenuti digitali che svanirebbero nel nulla e senza portare alcun beneficio per uno Stato che, sgravato del contributo pubblico per l’editoria, si troverebbe ad affrontare una situazione ancora peggiore con l’aumento dei costi per gli ammortizzatori sociali per i lavoratori dipendenti e minori entrate fiscali.
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