MEDIASET ASSO PIGLIATUTTO. SULLE RETI DEL BISCIONE IL 63% DELLA PUBBLICITÀ

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Un dominio incontrastato, anche nel 2012. Le previsioni sui ricavi pubblicitari di quest’anno, elaborate sulla base dell’andamento dei primi nove mesi del 2012 da Screen Digest, punto di riferimento mondiale per gli operatori del settore, non lasciano spazio a dubbi: Mediaset assorbe il 63% dei ricavi del piccolo schermo. Un dato che diventa impressionante se parametrato ad alcuni elementi.

Primo: prendendo l’insieme della spesa pubblicitaria su tutti i media, affissioni comprese, in Italia la televisione vale 3,26 miliardi di euro, ovvero il 48% del totale – e i dati Nielsen diffusi lunedì parlano di ricavi pari a 2,55 miliardi di euro nei primi otto mesi del 2012 (-10,9% rispetto allo stesso periodo del 2011). Di questi 3,2 miliardi, 2,048 sono appannaggio di Mediaset (che detiene così una quota del 63%), 680 milioni della Rai (che in base alla legge Gasparri ha dei limiti all’affollamento), 258 milioni vanno a Sky (8%), e altri 170 milioni (5%) a Telecom Italia Media. Un monopolio rimasto costante negli anni, non scendendo mai dal 2008 a oggi sotto il 60 per cento. Secondo: i ricavi dei sette “generalisti” nel 2012 si mangeranno il 39% della torta, mentre i cosiddetti “nativi digitali”, cioè Rai4, Rai5, Iris, Real Time, il 9 per cento. Un dato, quest’ultimo, che in realtà fa ben sperare visto che nel 2008 si fermava al 4 per cento.

Terzo: dal 2008 a oggi i ricavi pubblicitari del Biscione, oltre a non essere mai scesi sotto il 60% del totale, non sono mai andati sotto l’asticella dei 2,2 miliardi di euro, a prescindere dalla costante erosione dello share. Nel 2008 lo share giornaliero delle reti dell’universo Mediaset era al 39,5%, l’anno scorso è sceso al 37,3% (digitale terrestre compreso), mentre nel prime time è passato dal 39,4% del 2008 al 37,7% di dodici mesi fa. Stesso discorso per viale Mazzini: da 41,4% a 39,8% nel giorno medio e da 43,2% a 41,3% in prima serata (vedi tabella sotto). Calano gli ascolti ma non calano i ricavi, se non in misura modesta. Eppure un punto di share, per esempio su Iris (il canale “nativo digitale” di Mediaset) vale 20 milioni di euro, mentre su Canale 5, 80 milioni, il quadruplo. Una differenza che la dice lunga sulla rendita di posizione di cui gode l’oligopolio Rai-Mediaset.

Perché le quote non calano in proporzione allo share? «In tutti i Paesi europei il leader televisivo ha un ricavo per punto di share che è di gran lunga superiore ai follower», spiega a Linkiesta Marco Gambaro, docente di Economia dei media all’Università Statale di Milano, che osserva: «In tutta Europa la contrazione dello share del leader di mercato è costante. Le quote, tuttavia, rimangono invariate per due motivi: da un lato la qualità del target destinatario dello spot determina il premium price che gli investitori sono disposti a pagare, dall’altro bisogna tenere conto dell’aggressività di Publitalia (la concessionaria di Mediaset per l’analogico, ndr) rispetto alla Sipra. In Italia Mediaset ha ricavi per punto di share inferiori soltanto ad alcuni canali sportivi di Sky». Tanto che, sul digitale satellitare, per fare la guerra a Sky Publitalia offre spazi a sconto, andando in perdita.

Il motivo? «Per un’azienda di Sassuolo sarà meglio essere presente su Sky quando gioca la squadra di casa piuttosto che spalmare lo spot su cinque emittenti locali», nota un osservatore di lungo corso della tv italiana, che ammette: «Sui canali digitali cambiano le condizioni di vendita, non si va più sui grandi numeri come sono abituate a fare Publitalia e Sipra Sky deve invece affrontare l’emorragia degli abbonati» (42.000 abbonati in meno nel secondo trimestre 2012). C’è poi la questione dei centri media – che si occupano della pianificazione e dell’acquisto degli spazi per conto delle concessionarie – e preferiscono la sicurezza dei canali tradizionali che l’incertezza del digitale terrestre, dove le commissioni sono inferiori. Infine, pesa il ritardo culturale italiano nell’utilizzo di internet, anche se tra le concessionarie, la Manzoni, proprio grazie alla rete, potrebbe diventare il terzo incomodo tra Sipra e Publitalia, essendo Cairo più confinato all’area La7.

In Europa il panorama è variegato. Spulciando i bilanci al 30 giugno, i ricavi medi per punto di share di Mediaset Italia si sono assestati a 27 milioni di euro, contro i 20 milioni di sterline (24 milioni di euro circa) del leader inglese Itv Group (che include anche l’online, ndr) e i 26,5 milioni della francese Tf1. Tuttavia, le previsioni di Screen Digest per Tf1 indicano ricavi a quota 1,5 miliardi di euro, 1,5 miliardi di sterline (1,8 miliardi di euro circa) per Itv Group. Mediaset incamera il 25% in più dei competitors europei, ma non ha margini migliori: l’ebitda del gruppo di Cologno passa dai 744 milioni del 2011 ai 630 al 30 giugno scorso, mentre Itv sale da 240 a 265 milioni di sterline, e Tf1 (ebit) da 186,5 a 133 milioni di euro. Non solo: in Spagna, dove la tv pesa per il 39% della spesa in advertising per complessivi 2,1 miliardi, il primo operatore è Telecinco, con il 33% delle quote, pari a 718 milioni di euro. Un altro canale della galassia Mediaset. Al secondo posto, sul mercato iberico, c’è Antena 3 con il 29% delle quote: un divario decisamente meno pronunciato rispetto all’Italia.

In Francia l’asso pigliatutto, come detto, è Tf1, al il 49% del totale, seguito da M6 Group con il 24 per cento. Tuttavia, a Parigi e dintorni nel vortice del piccolo schermo finisce “soltanto” il 32% delle risorse spese dalle aziende in pubblicità, anche se le previsioni sul volume a fine anno sono sempre di 3,6 miliardi di euro, come per l’Italia. Il mercato tedesco è più equilibrato, e nel mix dei ricavi la tv attrae il 22% del totale (3,9 miliardi di euro), con gli incumbent a farla da padrone sui “nativi digitali” (21% rispetto all’1%). Stando alle previsioni Prosieben Sat 1 chiuderà con un peso del 44% sul totale, a quota 1,7 miliardi, staccando di poco Rtl Deutschland, al 40% con 1,6 miliardi di ricavi pubblicitari. Insomma, a prescindere dagli ascolti e dalla crisi, in Italia tutti gli investitori vogliono ancora pagare per essere ospitati nelle reti Mediaset.

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