Lotti:”Centinaia di posti di lavoro messi in pericolo da chi ha paura della libertà di stampa”

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Luca Lotti, ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’Editoria nel Governo Renzi, replica a Vito Crimi, che occupa la carica oggi a Palazzo Chigi. Questo il testo inviato all’Huffpost:

Il dibattito sempre più pressante sul futuro dell’Editoria – per fortuna o purtroppo – non mi lascia indifferente. Le parole espresse in ordine sparso e confuso dal sottosegretario Crimi, dal ministro Di Maio e dal premier Conte sono a dir poco imbarazzanti: non hanno neanche vagamente idea di quello di cui stanno parlando. Una caratteristica peraltro molto diffusa tra i membri del Governo del falso cambiamento.

Non sono solito tornare – diciamo così – sul ‘luogo del delitto’ e non lo farò neppure stavolta; ma avendo avuto l’onore della delega per l’Editoria per 4 anni, oggi non posso tacere. Qui i temi in discussione sono molto più importanti e decisivi del destino di un sottosegretario: qui c’è in ballo qualcosa di vitale importanza per una comunità, la libertà di stampa, che come ci ha ricordato ieri il Presidente della Repubblica Mattarella è elemento costitutivo della nostra democrazia.

Il dibattito che si è sviluppato negli ultimi giorni come dicevo, è interessante quanto preoccupante. Ma voglio dirlo senza giri di parole: io penso che in Italia non sia in pericolo la libertà di stampa. Sono però convinto che chi oggi è al governo abbia paura della libertà di stampa. Sì, paura della libera stampa. E questo è ancor più grave. Non a caso il presidente del Consiglio Conte ha parlato di “uso inaccettabile della libertà di stampa”. Non esistono usi accettabili o meno della libertà di stampa che è un valore in sé in una democrazia. Quando un Governo pretende di dare patenti a giornali e tv, minacciando chi non si adegua alla linea ufficiale, esiste un problema per la democrazia: ma capisco che chi pensa di fare di Orban un alleato non si faccia poi troppi scrupoli.

Le voci di dissenso che si sono subito sollevate hanno colto nel segno. Ho letto interventi accorati di autorevoli giornalisti e commentatori politici. Voci preoccupate, che negli ultimi anni va detto non ci sono state. O almeno non con questa forza. E ciò è stato possibile perché quando ho avuto la responsabilità della delega per l’Editoria ho sempre messo al primo posto la tutela della libertà di stampa. Ad esempio con il Fondo per il pluralismo dell’informazione (circa 150 milioni, metà dal Dipartimento Editoria e metà dal Mise del vicepremier Di Maio, che però al contrario di quello che dice Crimi non vanno ai “giornaloni”) che garantisce la salvaguardia di più voci: tra l’altro, il Fondo è un risultato raggiunto anche attraverso un dialogo con Fieg e Fnsi, entrambi oggi preoccupati per le parole di Crimi.

Per me mettere al primo posto la tutela dell’informazione ha significato varare la norma che ha introdotto per la prima volta l’obbligo di assumere a tempo indeterminato un giornalista ogni tre prepensionamenti: in meno di due anni ha portato a 500 nuovi contratti a tempo indeterminato nel settore. E poi abbiamo messo in sicurezza l’informazione primaria delle agenzie di stampa con un bando fatto in accordo con Anac e con 50 milioni di euro ogni anno a loro destinati.

La libertà di stampa si tutela anche così, avendo giornalisti retribuiti in modo giusto e con contratti veri.

Oggi però la preoccupazione non deriva (solo) dal nostro (colpevole) mancato racconto delle cose fatte, ma dai quotidiani attacchi alla stampa di ministri e sottosegretari di questo Governo. Ecco perché vorrei lanciare un appello forte a tutti quelli che come me sono preoccupati per questa ennesima deriva autoritaria e che in questo caso lede la libertà d’informazione. Insieme possiamo e dobbiamo fermare questi attacchi.

Il sottosegretario Crimi continua a parlare di tagli, facendo finta di non conoscere le conseguenze delle sue parole: un aumento esponenziale della disoccupazione. Mi permetto, tra l’altro, di suggerire al sottosegretario di studiare un po’ di più: il contributo di solidarietà dello 0,1% (previsto dal Fondo che porta il mio nome) non si applica al fatturato, ma all’utile. Quindi puoi avere tutti i titoloni sui giornali, ma quel regolamento avrà ricadute marginali sulle aziende di Berlusconi. Se vuole, Crimi può chiedere conferma al suo ministro Tria.

Ed è poi al limite del ridicolo che chi per anni ha (giustamente) condannato come noi le leggi ad personam, oggi si presenti solo con leggi contra personam.

Ecco perché vorrei che il mio appello venisse raccolto da tutti: qui sono a rischio centinaia di posti di lavoro nel settore dell’editoria, messi in pericolo da chi ha paura della libertà di stampa. Un vero e proprio corto circuito che rischia di colpire le basi della nostra democrazia e di uccidere le speranze delle nostre future generazioni.

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