LIBERAZIONE. L’ADDIO DI SANSONETTI

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Se ne va così dalla poltrona di direttore di Liberazione, Piero Sansonetti, con un malinconico editoriale che a leggerlo ti strozzi in gola per l’emozione, anche se non la pensi politicamente come lui. Francamente le sua filosofia, il suo modo di vedere i comportamenti della nomenklatura ti rende molto simile a lui. Vorresti applaudirlo e dirgli: quanto sei bravo. Non è sceso a compromessi, non si è piegato, ha difeso la libertà del metre à penser. Anzi, di più. Ha sbeffeggiato il nuovo che avanza all’interno del partito di Rifondazione. “Lo abbiamo fatto strano” citazione ad hoc, del famoso film di Verdone calca a pennello l’amara riflessione sui contorni del suo avvicendamento con Dino Greco che dice di stimare come stima Rita Levi Montalcini (“alla quale però non chiederei mai di andare a dirigere un giornale”) che ieri ha detto sì alla proposta della direzione del partito della falce e martello arrivata tre giorni fa. Si chiude un ciclo, sottolinea Sansonetti, perché: “La maggioranza del Prc, partito editore del giornale, ha deciso di mettere la parola fine alla storia dell’autonomia e di nominare un commissario politico che garantisca la sottomissione del giornale alla linea del partito e alle sue esigenze”. I contrasti sono iniziati quando i dirigenti del partito lo hanno accusato di non rispettare la linea del partito. E nel suo editoriale Sansonetti scrive: “Mi sono chiesto: ma qual è la linea del partito? Quando Liberazione l’ha contrastata?”. E fa il punto della situazione elencando le iniziative del suo giornale. “Liberazione ha violato la linea del partito quando ha chiesto che tutti i migranti potessero entrare in Italia – stracciando tanti principi del senso comune – quando ha denunciato i Cpt e il blocco navale nel Mediterraneo – che ha prodotto migliaia di morti – o gli accordi con gli aguzzini della Libia? Ha contrastato la linea quando ha denunciato le dittature, anche quelle comuniste, ha preso le distanze dal castrismo, ha condannato la Cina? Quando si è scagliata contro la riforma della scuola? Quando si è schierata con l’indulto? Quando ha fatto una bandiera del garantismo? Quando ha detto che la libertà è un valore che viene prima di tutto e che non può essere in nessun modo limitato, o ridotto, o subordinato? Oppure quando ha cercato di contrastare la riforma delle pensioni, quando ha fatto dei diritti dei lavoratori, e dei loro salari, l’asse centrale della sua idea di economia?”.

Poi la stoccata al nuovo segretario di Rifondazione. “L’altro giorno Paolo Ferrero – afferma – mi ha detto che a lui dispiace che sia andata a finire in questo modo. E che se io dopo il congresso di Chianciano non avessi “alzato il tiro”, cioè reso sempre più polemico il giornale, si sarebbe trovata una soluzione. Sarà. Ma io non ho affatto alzato il tiro”. “Io però oggi ho paura. Rovescio il titolo del bel libro di Niccolò Ammanniti: ho paura. Paura perché non vedo più la sinistra, Mi pare senza anima, senza idee, senza cuore”.

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