LEGGE COMUNITARIA 2008/ RESPINTO L’EMENDAMENTO DI GENTILONI IN MATERIA DI FREQUENZE TV

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Mercoledì 20 maggio 2009, la Camera dei Deputati ha approvato, modificandolo, il disegno di legge, recante “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2008” (C2320-A). Il provvedimento torna quindi all’esame dell’altro ramo del Parlamento.
La discussione in Aula era ripresa sull’emendamento proposto da Gentiloni (39-quater.50) in materia di frequenze tv. L’emendamento in questione modificava l’articolo 39 quater della legge, nel quale è stata recepita – su proposta del Governo – la delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che ha definito i criteri per l’assegnazione delle frequenze con il passaggio al digitale terrestre, indicando in cinque nuove reti il dividendo che sarà messo a gara. L’emendamento Gentiloni aggiungeva alla pronuncia dell’Agcom tre paletti: evitare il protrarsi di posizioni dominanti; stabilire che la gara procuri un’adeguata valorizzazione alle casse dello Stato (sia cioé un’asta competitiva e non un ‘beauty contest’); riservare un dividendo digitale agli operatori di telecomunicazioni. L’emendamento è stato respinto con 197 sì e 233 voti contrari.
L’onorevole Meta, nel commentare l’emendamento di Gentiloni ha manifestato grande preoccupazione perché la “proposta del Governo non solo è una provocazione ma rappresenta anche un maldestro tentativo di riproporre la situazione che riguardava la TV analogica e di trasferirla, pari, pari, nel digitale. È davvero una posizione senza precedenti che umilia il pluralismo. Il passaggio al digitale doveva essere l’occasione per liberare tante frequenze e per mettere in campo nuovi programmi e anche nuove offerte editoriali.

“Il Governo – ha continuato l’onorevole – ancora una volta utilizza queste occasioni per fare dei blitz. Noi abbiamo presentato un emendamento molto semplice e davvero non comprendiamo la sordità del Governo. Il Governo invece di allargare l’offerta attraverso le frequenze che si liberano, si limita in modo anacronistico e odioso a rafforzare il duopolio. Questa vicenda dei multiplex danneggia per davvero l’economia e anche la democrazia nel nostro Paese. Sei multiplex al duopolio – sei a RAI e sei a Mediaset – non hanno uguali precedenti in Europa e nel mondo. Mettere a gara solamente tre multiplex significa davvero non allargare: una gara – come l’ha definita ieri il collega Gentiloni – veramente ridicola, il beauty contest, una sorta di gara-concorso di idee: l’esatto contrario di quello di cui avremmo bisogno. Il Governo, quando vuole, su WiMAX e UMTS fa le gare per reperire le risorse mentre questa volta sceglie un’altra strada: un concorso di idee che alla fine dovrebbe attribuire tre piattaforme multiplex non si sa a chi e non si sa con quale imparzialità.
Vi immaginate un Governo che deve decidere sulla base dei principi della concorrenza sleale se affidare a Sky o ad un altro editore nazionale o internazionale le frequenze che si lasciano libere. Non ci convince. Noi siamo a favore di una gara onerosa e affinché le risorse siano investite soprattutto nella banda larga. Siamo un Paese che detiene un patrimonio di oltre 50 milioni di telefonini ma nel quale per oltre il dieci per cento della popolazione si nega il diritto dell’accesso alla banda larga. I 900 milioni di investimenti sulla banda larga che aveva stanziato il Governo Prodi sono comparsi e riscomparsi. L’intervento di questo Governo si limita soltanto a ordini del giorno e mozioni. Su quel versante non c’è una risorsa e noi riteniamo che il Governo su quel versante debba assumersi fino in fondo le proprie responsabilità. Concludo dicendo che per quanto concerne la gara il Governo dovrebbe mettere paletti”.

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