L’E-G8 DI PARIGI. IL PUNTO DI DE BENEDETTI

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Il destino della carta stampata è una partita aperta e si gioca anche online, con diversi approcci e risultati. “La Rete uccide o rilancia i giornali?” è la domanda posta ad alcuni dei principali editori mondiali durante l’eG8 di Parigi 1. Le risposte cambiano a seconda dei paesi e delle testate, ma esiste una certezza condivisa: il valore dell’informazione di qualità è ancora forte e i giornali non moriranno. “Assolutamente no. Si diceva la stessa cosa durante l’avvento della radio e poi della televisione” ha ricordato Carlo De Benedetti, presidente del Gruppo L’Espresso, invitato al panel parigino. “La circolazione della carta stampata non scomparirà, i redditi digitali potranno sostenere il brand nel lungo periodo” ha confermato l’amministratore delegato del New York Times, Arthur Sulzberger Jr. “La soluzione è nella flessibilità e nella capacità di adattamento all’innovazione” ha aggiunto l’editore americano agitando davanti alla platea agitando il suo IPad. “Sono i contenuti che ci definiscono, non le modalità di distribuzione”. La Rete è considerata da tutti gli editori un’opportunità. “Internet – ha detto De Benedetti – è soprattutto un’infrastruttura, un nuovo contesto nel quale muoversi”. L’Ingegnere ha ricordato che se la circolazione delle copie di “Repubblica” vendute in edicola è diminuita negli ultimi anni, i lettori online sono in costante aumento (2 milioni di contatti unici per il sito) e la raccolta pubblicitaria sulla Rete rappresenta già il 14% della raccolta globale di Repubblica e dei suoi supplementi. “Il nostro modello economico trae vantaggio dagli utenti del web per raccogliere nuova pubblicità – ha spiegato De Benedetti -. Internet è gratuito per definizione, la notizia equivale a una commodity (un bene primario, ndr). Chiediamo ai nostri lettori di pagare non per sapere cosa succede, ma perché succede”.
Analisi, approfondimenti, reportage, inchieste esclusive. Tutti gli editori chiamati al eG8 dicono che il “core business” è nell’informazione di qualità. Internet a pagamento è quasi un controsenso, ha sottolineato il presidente del Gruppo L’Espresso, aggiungendo poi che nell’approccio alla Rete, non può esistere una singola risposta. “Per esempio nel mio gruppo abbiamo un quotidiano nazionale più le edizioni locali. Ogni situazione è diversa, dobbiamo differenziare la nostra offerta a seconda dei lettori a cui ci rivolgiamo”. De Benedetti ha sottolinato che le “local news”, le notizie locali, hanno anche il “privilegio di non essere ancora una commodity”.

La sfida è attrarre nuovi lettori. “Stiamo affrontando una delle più grandi migrazioni di lettori nell’epoca dei mass media” ha riconosciuto Robert Thomson, dirigente del gruppo Dow Jones che pubblica il Wall Street Journal. Stesso commento dal “rivale” Sulzberger: “Il nostro modello economico è stato stabile per decenni. Ora non esiste più alcune leadership consolidata, al riparo dai rischi”. L’editore del New York Times ha ricordato il motto “test-learn-adapt”, sperimenta-imparata-adatta. Oltre alla capacità di innovazione, ha detto, serve un nuovo approccio interattivo delle redazioni con i social network. “Finora i giornalisti erano abituati a trasmettere, ora devono imparare a ricevere” ha ribadito anche il responsabile del gruppo Dow Jones.

“Non siamo noi a poter dire se si continueranno o meno a stampare i giornali: saranno i lettori a decidere come preferiscono leggere i nostri articoli” ha chiosato Robert Shrimsley, dirigente del Financial Times, giornale che ha già metà dei suoi abbonati alla sua formula online a pagamento. Rimane un problema di protezione dei contenuti originali. De Benedetti ha ricordato il ricorso all’Antitrust italiana del Gruppo L’Espresso contro Google. “Pensiamo che sia ingiusto che Google o altri prendano i nostri contenuti senza pagare”. Una posizione simile è ora seguita dall’associazione europea degli editori con un ricorso a Bruxelles. “Ma ora Google sta incominciando a capire che deve cambiare” ha concluso l’Ingegnere. (www.repubblica.it)

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