LA7, MOBILITAZIONE SINDACALE SUL ‘CASO PIROSO’: “BASTA CENSURE”

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“La libertà di informazione e l’autonomia dei giornalisti sono beni indisponibili, che stanno alla base del corretto funzionamento di qualsiasi redazione e devono essere la pietra angolare sulla quale si basa anche il rapporto fra i direttori e le loro redazioni”: è il messaggio lanciato dalla conferenza stampa all’Associazione Stampa Romana sul ‘caso-Piroso’, il direttore di La7 che ha cancellato il 16 novembre l’inchiesta su dell’Utri, condotta dalla giornalista Silvia Resta, nell’ambito del programma Reality del TgLa7.
“Se non interpretato correttamente – ha spiegato il segretario di Stampa Romana Paolo Butturini – l’articolo 6 del contratto di lavoro si può prestare a inaccettabili censure. L’enorme potere che la norma conferisce al direttore, va letto alla luce del paragrafo che stabilisce come quelle facoltà non possano essere in contrasto con le norme che regolano la professione. Quello che è successo a La 7 che definirei senza mezzi termini un esempio di censura – ha detto Morabito – non è certo un caso da parte del direttore Piroso, visto che è lo stesso che è andato in onda il giorno che i suoi colleghi giornalisti scioperavano”.
“Credere che quel che è accaduto a La 7, insieme alle altre censure che quotidianamente accadono nelle redazioni, siano casi isolati sarebbe un grande errore – ha commentato Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21 – è evidente che c’è un disegno dietro l’oscuramento dei fatti che lega gli editoriali di Minzolini contro Ingroia e la manifestazione del 3 ottobre alle iniziative censorie di Piroso. Mi accontenterei che i fatti veri venissero riportati ogni due giorni, anche solo dopo i pasti, perché oggi spesso non vanno in onda affatto”.
Adalberto Baldini, del Cdr di La7, ha rievocato la concatenazione dei fatti che ha portato alla cancellazione dell’inchiesta di Silvia Resta: “La scaletta del servizio è stata inviata ai responsabili della direzione il 30 ottobre, oltre due settimane prima della prevista messa in onda. E ancora il giorno della programmazione, nell’edizione del Tg di mezzogiorno, è stato trasmesso uno spot che descriveva il servizio. Ancora oggi ci chiediamo perché sia stato prima pubblicizzato poi cancellato”.
“Piroso tira in ballo il Codice di Autoregolamentazione sulle vicende giudiziaria, ma – ha spiegato Natale – l’inchiesta era un servizio di cronaca e di ricostruzione, non il rendiconto di un processo in corso. Nessuno contesta a Piroso i poteri di direttore, ma perché non è intervenuto prima? Forse qualcosa si è inceppato nelle gerarchie? Che non sia un caso isolato lo dimostra la conferenza stampa organizzata dall’Usigrai con il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia. Gli si voleva dare il diritto di replica rispetto all’editoriale del direttore del Tg1 Minzolini che lo attaccava pesantemente. Ebbene,quel giorno alla Fnsi qualche telecamera c’era, ma nessuno ha potuto ascoltare le parole di Ingroia in nessun Tg della giornata”.

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