LA UE RICHIAMA L’ITALIA: IMPORRE TETTO MASSIMO ALLE RETI DIGITALI GESTITE DA UN SOLO OPERATORE

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Continua la corrispondenza tra Ue e Stato italiano sulla procedura d’infrazione contro la Gasparri.
Il caso è iniziato, per chi non lo ricordasse, nel 2006, quando la Ue aprì una procedura d’infrazione contro la legge Gasparri, approvata dal precedente governo Berlusconi con l’obiettivo di riordinare il sistema televisivo in vista del passaggio al digitale. Il governo Prodi, a suo tempo, non riuscì ad approvare una nuova legge per risolvere il problema a con il nuovo governo Berlusconi la partita si è riaperta. Secondo la Commissione Ue la Gasparri crea ingiustificate restrizioni alla fornitura di servizi nel settore delle trasmissioni televisive. In sostanza attribuisce ingiustificati vantaggi ai due operatori storici (Rai e Mediaset) precludendo l’accesso al digitale terrestre ai nuovi operatori.
Per risolvere la questione il Ministero, d’intesa con l’Agcom, ha proposto l’assegnazione di 5 frequenze per altrettante reti digitali nazionali (multiplex) a Rai e Mediaset e altri 5 multiplex da assegnare tramite una gara. Ma la Ue ha criticato la proposta nella misura in cui prevede che alle aste possano partecipare anche i big della tv italiana, Rai e Mediaset.
Un tetto alle reti digitali gestite da uno stesso operatore: è questo che chiede la commissione Ue all’Italia. Ma Paolo Romani, sottosegretario con delega alle comunicazioni, risponde che “la gara per le frequenze digitali non può escludere gli operatori che hanno investito centinaia di milioni di euro”. Ritorna in evidenza, dunque, un vecchio problema della Gasparri. Un “tetto” al possesso delle reti digitali lo propose, infatti, durante l’approvazione della legge Gasparri, l’allora presidente dell’Antitrust Giuseppe Tesauro. Passò, invece, il limite al 20% dei programmi: un “tetto” variabile, il cui rispetto o meno è costantemente “dimenticato” dall’Autorità per le comunicazioni.
Secondo la commissaria alla Concorrenza, Neelie Kroes e la collega ai Media Viviane Reding, tale limite dovrebbe essere “equivalente al numero massimo di frequenze che, allo switch off, siano nella disponibilità dell’incumbent con il più alto numero di frequenze”. Se la frase “allo switch off” fosse interpretata come “al momento dello”, il tetto chiesto dalla Ue sarebbe di tre frequenze per altrettante reti nazionali. Un tetto ben inferiore alle sei reti a testa assegnate a Rai e Mediaset in Sardegna: che potrebbero crescere in caso di partecipazione alla gara per i cinque multiplex.
La lettera dell’Ue, che mantiene aperta la procedura d’infrazione, rileva come le proposte italiane non garantiscano ai nuovi entranti adeguate modalità di accesso alle infrastrutture degli operatori esistenti. Si ricorda, infine, che i principi stabiliti dalla Corte di Giustizia europea nella sentenza del 31 gennaio 2008 “possono essere fatti valere” nell’assegnazione delle frequenze digitali. Ma il problema è anche un altro. In vista del completamento dello switch off in tutto il Paese ci si chiede se si troveranno, in tutte le regioni, le cinque frequenze da mettere in gara. Anche perché la legge vuole che un terzo delle frequenze siano assegnate alle tv locali.
Fabiana Cammarano

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