La Rai si ritira dalla Russia, le reazioni dei giornalisti

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La Rai ritira i suoi corrispondenti della Russia e, insieme al fronte dell’informazione, si apre anche qualche polemica. Il conflitto tra Mosca e Kiev sta monopolizzando il dibattito e la guerra russo-ucraina passa, come è inevitabile, anche dalla stampa. Dall’informazione, dalle notizie. Il racconto della guerra è necessario e non solo perché i missili sibilano alle porte dell’Europa. Il giro di vite sulla libertà di stampa deciso dal governo Putin, però, ha convinto la Rai, insieme ad altri importanti network internazionali come su tutte la Bbc, ad abbandonare il territorio della Federazione russa. La scelta, come è evidente, ha sollevato diverse reazioni.

Da viale Mazzini, nel fine settimana, una nota ha spiegato le ragioni alla base della scelta di ritirare gli inviati e i corrispondenti dalla Russia. “In seguito all’approvazione della normativa che prevede forti pene detentive per la pubblicazione di notizie ritenute false dalle autorità, a partire da oggi la Rai sospende i servizi giornalistici dei propri inviati e corrispondenti dalla Federazione Russia. La misura si rende necessaria al fine di tutelare la sicurezza dei giornalisti sul posto e la massima libertà nell’informazione relativa al Paese”. Come assicurare, però, l’informazione ai cittadini. La Rai ha risposto. “Le notizie su quanto accade nella Federazione Russa verranno per il momento fornite sulla base di una pluralità di fonti da giornalisti dell’azienda in servizio in Paesi vicini e nelle redazioni centrali in Italia”.

La questione, infatti, è quella di continuare a informare i cittadini. Tra le reazioni, quella dell’Usigrai. Che in una nota ha affermato la volontà sua e dei giornalisti del servizio pubblico di continuare a informare sul conflitto tra Ucraina e Russia. Il sindacato ha annunciato di voler rafforzare l’intesa con le sigle nazionali e internazionali dei giornalisti, come Fnsi e Efj. “Ci raccorderemo con Fnsi e con la Federazione Europea dei Giornalisti per valutare iniziative per continuare a garantire il diritto dei cittadini a essere informati. Da oggi cittadini e cittadine del nostro Paese non avranno una voce importante per capire fino in fondo i risvolti di questa crisi e tenere un faro acceso su quello che sta accadendo al popolo Russo. L’altra faccia dell’aggressione all’Ucraina è la violenza del potere che in Russia sta riducendo al silenzio ogni critica sulle decisioni del Cremlino”.

Dalla Russia, intanto, è giunta la presa di posizione dell’inviato del Tg2 Marc Innaro. Che in un’intervista a Repubblica ha affermato che lui e i colleghi “non erano stati informati di nulla”  e che stanno valutando se restare in Russia, magari (formalmente) in ferie. Innaro, che nei giorni scorsi era finito nell’occhio del ciclone per le polemiche innescate da Pd e Forza Italia sui suoi servizi ritenuti “filorussi”, ha poi stroncato le polemiche (“per me parla il mio lavoro, non ho tempo, devo organizzare il rientro dei colleghi”).

Critiche alla scelta di viale Mazzini sono arrivate anche da Stampa Romana. Per l’associazione dei giornalisti, la scelta della Rai di allontanare dalla Russia i suoi corrispondenti è “molto discutibile”. In una nota firmata dalla segreteria Asr.”La decisione che ha certamente solidi agganci con il giro di vite sull’informazione imposto da Putin con conseguenti rischi per i colleghi, tuttavia impoverisce la nostra informazione. Da oggi tutti i reportage saranno filtrati da immagini internazionali e da racconti tagliati e ricomposti a Roma senza capire cosa stia accadendo da vicino in Russia, quali interessi si stiano muovendo dentro e dietro la guerra, se esista una reazione popolare all’aggressione di Putin, cosa stia accadendo sulla linea del fronte tra i due eserciti. Non sappiamo se i colleghi Rai coinvolti dalla decisione siano stati ascoltati dal cda e dal capo azienda”.

Quindi. “Inoltre non è irrilevante ricordare come sia finito nel mirino di una certa politica trasversale il corrispondente da Mosca Marc Innaro “reo” di aver riportato cosa potrebbe aver motivato Putin nella sua corsa alla guerra. Da giornalisti pensiamo che allontanandoci dal teatro della guerra non rendiamo un buon servizio al paese, un buon servizio pubblico nel caso della Rai, e al racconto della sostanziale verità dei fatti. Le preoccupazioni che hanno motivato questa scelta sono comprensibili e condivisibili, ma così si rinuncia a raccontare la tragedia di un popolo e di una nazione e in qualche maniera si lascia ulteriormente mano libera alle fake news, che non verranno più contrastate da altri racconti e da altri resoconti”.

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