LA RAI E IL “LEGAME” CON I PARTITI. SERVE UN ATTO DI FORZA DEL GOVERNO?

0
537

I partiti in «flagrante conflitto di interessi». Una riforma della Rai non può venire da loro. Monti deve agire. Visione disincantata spiegata oggi da Angelo Panebianco sul Corriere della sera. Per il giornalista solo il governo tecnico, non avendo il problema del consenso, può modificare l’assetto della tv pubblica. Monti ha proposto una mini-riforma: cda con 5 membri e ad con ampi poteri. La proposta non piace al Pdl e alla Lega. Resta da vedere se l’esecutivo agirà con un “atto di forza”, come auspica Panebianco, magari con un decreto legge, o tenterà una difficile mediazione.
Per il giornalista sarebbe auspicabile una divisione dell’azienda: una Rai pubblica e una privata.
Panebianco rispolvera una proposta di legge del lontano 2000. Il progetto era Andrea Papini, allora senatore del centrosinistra, e consisteva nel dividere i programmi finanziati col canone da quelli sostenuti dalla pubblicità, affidandoli a due società distinte. Due sarebbero i vantaggi: trasparenza sull’utilizzo del canone e possibilità di vendere il lato commerciale dell’azienda.
La proposta fu rigettata come un corpo estraneo sia dal centrodestra che dal centrosinistra.
Secondo Panebianco i partiti, quando si tratta di Rai, «sono come i ladri di Pisa: nemici di giorno e compari di notte».
Il giornalista afferma che, ieri come oggi, sia il centrosinistra che il centrodestra sono contrari alla privatizzazione, anche parziale, della tv pubblica. Il centrosinistra non voleva e vuole rinunciare a un «fondamentale distributore di rendite politiche e di informazione». Il centrodestra «non poteva permettere che si creassero condizioni nuove tali da far saltare quel tetto alla raccolta pubblicitaria giustificato dal canone» e quindi la nascita di nuovo concorrente di Mediaset. Disamina durissima, ma condivisibile. Del resto l’articolo 21 della legge Gasparri, del 2004, prevede la «dismissione della partecipazione dello Stato nella Rai», dando il via al «procedimento per l’alienazione della partecipazione dello Stato nella Rai. Tale alienazione avviene mediante offerta pubblica di vendita». Sono passati 8 anni e non è accaduto nulla nonostante le periodiche proposte.
Giorgio Gori, ex-direttore di Canale 5, circa due mesi fa, ipotizzò una privatizzazione a metà. «Anziché adottare una contabilità separata che discrimini attività di servizio e attività commerciali perché non dividere nettamente i canali preposti al servizio pubblico da quelli esplicitamente commerciali?». Gori propose una divisione tra i 15 canali della Rai: 9 finanziati dal canone, con l’obbligo di fare solo servizio pubblico abolendo la pubblicità; gli altri 6 da consegnare al mercato e senza obblighi di contenuti. Per l’ex ramage del Biscione ne avrebbe beneficiato la trasparenza sull’utilizzo del canone.
Tuttavia c’è da precisare che la Rai è già obbligata a rendere noti i programmi finanziati dal canone e quali dalla pubblicità. Si è persino parlato di scriverlo nei titoli di coda insieme ai compensi dei conduttori. Non si mai realizzato.
Qualche giorno dopo la proposta di Gori, Agostino Saccà e Piero Angela diedero un parere opposto: la Rai non va divisa.
Saccà, ex direttore generale della tv pubblica, elogiò il carattere “bifronte” della Rai. Secondo Saccà una Rai solo di servizio perderebbe la sua attrazione mentre la parte privata rischierebbe di monopolizzare il mercato della pubblicità ledendo al pluralismo.
Anche Angela, che pare abbia rinunciato ad una candidatura a dg Rai, si mostrò contrario alla divisione, ma per un motivo diverso: quasi “antropologico”. Il conduttore di Quark affermò che con una Rai solo di servizio si rischierebbe una ghettizzazione della cultura e dell’informazione.
Angela affermò che la maggioranza degli italiani rasenta la soglia della mediocrità culturale. Per il conduttore è necessario che il servizio pubblico “infili” qua e là qualche trasmissione che veicoli contenuti di spessore. «Per la maggior parte dei nostri concittadini, l’unico aggancio culturale con il loro tempo è la televisione. I programmi televisivi potrebbero fare molto, ma a condizione di renderli visibili», dichiarò Angela.
In questa selva di opinioni contrastanti come uscirne fuori? Deus ex machina, dicevano i greci.
Monti ex machina, ripetiamo noi.
Egidio Negri

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome