LA LEGA PROVA AD IMBRIGLIARE LA RETE CON UN EMENDAMENTO ALLA LEGGE COMUNITARIA

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Giovedì scorso, la Commissione Politiche dell’Unione Europea ha approvato un emendamento alla Legge comunitaria 2011 presentato dall’onorevole Gianni Fava (Lega Nord) che obbliga i fornitori di servizi web a rimuovere contenuti illegali non solo su comunicazione delle autorità competenti (come previsto dalla attuale normativa) ma anche dei “soggetti interessati” (e cioè di chi possiede i diritti d’autore). L’emendamento precisa, inoltre, che i fornitori di hosting (come ad esempio Facebook, YouTube, ma anche il proprietario di un piccolo sito) sono obbligati a rimuovere i contenuti «anche in relazione ad attività o a informazioni illecite precedentemente memorizzate dal prestatore a richiesta dello stesso o di altri destinatari del servizio».
Oggi la Legge comunitaria inizia la discussione in Aula alla Camera e dovrà essere approvata entro il 31 marzo 2012. Non è escluso che l’emendamento di Fava solleverà molte proteste. I Radicali hanno già approvato una mozione contro l’introduzione di un sistema di giustizia privato in Rete. «L’emendamento Fava – si legge in una nota – consentirà ai monopolisti dell’informazione di organizzare delle polizie del web, incentivando la rimozione selvaggia dei contenuti di siti profit o non-profit come Wikipedia o Google».
La legge è stata ribattezzata nuova “SOPA all’italiana” perché come il pacchetto di legge statunitense introduce l’obbligo di rimuovere contenuti considerati illegali su semplice segnalazione e senza passare da un giudice. Per inciso, però, la proposta americana è in fase di ritiro, proprio per il grande clamore suscitato su internet.
Fabiana Cammarano

L’emendamento Fava:
Dopo l’articolo 5, aggiungere il seguente:

ART. 5-bis. (Modifiche all’articolo 16 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, recante attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico).
1. All’articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2003 n. 70 recante attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla lettera a) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: « avvalendosi a tal fine di tutte le informazioni di cui disponga incluse quelle che gli sono state fornite dai titolari dei diritti violati dall’attività o dall’informazione, anche in relazione ad attività o a informazioni illecite precedentemente memorizzate dal prestatore a richiesta dello stesso o di altri destinatari del servizio »;
b) alla lettera b), dopo le parole: « autorità competenti » sono inserite le seguenti: « o di qualunque soggetto interessato, ».
2. All’articolo 16 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, come modificato dal comma 1 del presente articolo, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
« 3-bis. In ogni caso le esenzioni e le deroghe in materia di responsabilità previste dal presente decreto non si applicano:
a) al prestatore che deliberatamente collabora con un destinatario del suo servizio al fine di commettere atti illeciti;
b) al prestatore che mette a disposizione del destinatario dei suoi servizi oggetto del presente decreto, o comunque fornisce o presta a suo favore, anche strumenti o servizi ulteriori, in particolare di carattere organizzativo o promozionale, ovvero adotta modalità di presentazione delle informazioni non necessarie ai fini dell’espletamento dei servizi oggetto del presente decreto, che sono idonei ad agevolare o a promuovere la messa in commercio di prodotti o di servizi a opera del destinatario del servizio;
3-ter. Le esenzioni e le deroghe in materia di responsabilità previste dal presente decreto lasciano impregiudicata la possibilità di azioni inibitorie di altro tipo e, in particolare, delle azioni inibitorie previste dal codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e dalla legge 22 aprile 1941, n. 633, che obbligano a porre fine a una violazione di diritti della proprietà industriale o intellettuale o a impedirla, anche con la rimozione dell’informazione illecita o con la disabilitazione dell’accesso alla medesima».

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