LA CRISI, I GIORNALISTI E GLI AIUTI DI STATO (CORRIERECONOMIA)

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Il governo Berlusconi ha inserito nel decreto anti-crisi un emendamento che punta a consentire all’istituto previdenziale privatizzato dei giornalisti (Inpgi) di poter continuare a elargire pensioni più ricche rispetto a quelle dell’ente pubblico Inps, spostando sui contribuenti una spesa di 10 milioni di euro all’anno.
La storia inizia con la battaglia combattuta negli anni Novanta dalla corporazione dei giornalisti contrattualmente e previdenzialmente più tutelati per privatizzare l’ente previdenziale autonomo, in modo da non subire le riforme con tagli sulle pensioni pubbliche. L’obiettivo fu conseguito accettando i rischi del passaggio nel privato, quindi anche eventuali svantaggi come l’addio al sostegno e alla garanzia dello Stato sul conto economico futuro. Finché è arrivata la supercrisi economica che annuncia un 2009 in recessione.
Molti editori non intendono affrontare i tempi duri con investimenti per il rilancio e pensano a tagli nelle redazioni. Per legge l’Inpgi, privatizzato, dovrebbe farsi carico di numerosi possibili prepensionamenti e rischia di dover ridurre le rendite, se non il tracollo. I vertici dell’Inpgi lo ritengono ingiusto e hanno chiesto aiuto ai politici, sensibilizzando il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti, ex caporedattore e vicedirettore di giornali. Il deputato Rocco Girlanda del Pdl ha presentato un emendamento da inserire nel decreto anti-crisi, che è stato riformulato per spostare sullo Stato l’onere per i prepensionamenti a carico dell’Inpgi fino a 10 milioni l’anno e limitatamente ai quotidiani. I sindacati di editori e giornalisti vorrebbero l’estensione anche ai periodici. (Dalla rassegna stampa ccestudio.it)

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