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Diffamazione, la Corte Europea: “No al carcere per Belpietro”

Maurizio Belpietro

Maurizio Belpietro ha vinto il suo ricorso a Strasburgo contro la condanna per diffamazione a quattro mesi di carcere, poi sospesi, inflittagli per la pubblicazione, nel novembre 2004, di un articolo firmato da Raffaele Iannuzzi dal titolo “Mafia, 13 anni di scontri tra pm e carabinieri”, ritenuto diffamatorio nei confronti dei magistrati Giancarlo Caselli e Guido Lo Forte. La Corte Europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per aver violato il diritto alla libertà d’espressione dell’attuale direttore di Libero. Lo Stato deve versare a Belpietro 10 mila euro per danni morali e 5 mila per le spese processuali.
I giudici di Strasburgo nella sentenza spiegano che una pena così severa rappresenta una violazione del diritto alla libertà d’espressione del direttore di Libero. La Corte sottolinea infatti che Belpietro venne condannato dalla Corte d’Appello di Milano non solo a risarcire Lo Forte e Caselli per un totale di 110 mila euro, ma fu anche condannato a quattro mesi di prigione.
Secondo la Corte è questa parte della condanna, anche se poi sospesa, a costituire una violazione della libertà d’espressione. La Corte infatti ritiene che, nonostante spetti alla giurisdizione interna fissare le pene, la prigione per un reato commesso a mezzo stampa è quasi sempre incompatibile con la libertà d’espressione dei giornalisti, garantita dall’articolo 10 della convenzione europea dei diritti umani.
Solo in circostanze eccezionali, come per esempio nel caso di incitamento alla violenza o di diffusione di discorsi razzisti, può essere ammessa. Secondo i giudici di Strasburgo, nonostante l’articolo di Iannuzzi sia stato giustamente considerato diffamatorio, esso non rientra in quei casi eccezionali per cui può essere prevista la prigione.

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