Con la chiusura de Il Vernacoliere si è chiusa un’epoca. Pochi giorni fa lo storico direttore, Mario Cardinali, oggi ottantottenne, ha annunciato con il suo solito sarcasmo la chiusura del giornale con un’ironica chiosa: “in attesa di tempi migliori”. Non è solo la fine di una testata, ma un passaggio simbolico: cala definitivamente il sipario sull’ultimo vero giornale satirico italiano.
Nato a Livorno nel 1961 come Livornocronaca, Il Vernacoliere diventò, a partire dal 1982, un mensile satirico unico nel panorama editoriale. Autonomo, senza pubblicità, senza padroni e senza reverenze, ha attraversato decenni raccontando la politica e il costume con un linguaggio libero, popolare e volutamente sguaiato. Un giornale di strada, che viveva delle copie vendute e della fedeltà di un pubblico che, numero dopo numero, aspettava le locandine affisse ai muri come fossero manifesti di resistenza culturale. Ma non solo. Pochi giornali locali, o meglio nessuno, hanno avuto la risonanza nazionale della testata livornese. I suoi titoli irriverenti hanno sempre fatto sorridere tutta l’Italia.
Con il Vernacoliere si chiude definitivamente la stagione della satira italiana. La lista è lunga: Il Male, negli anni Settanta, che reinventò la provocazione politica e fece scuola con le sue false prime pagine; Cuore, il settimanale diretto da Michele Serra negli anni Novanta, che trasformò la satira di sinistra in un fenomeno di massa; Frigidaire, laboratorio di arte, fumetto e controcultura fondato da Tamburini e Pazienza; Emme, l’esperimento effimero nato dalle ceneri di Cuore. E ancora, Cannibale, Boxer, Tango, Linus (che pur sopravvive, ma ha perso da tempo la sua spinta eversiva originaria). Tutti giornali che, ciascuno a suo modo, hanno incarnato un’idea di libertà espressiva che non esiste più. Alcuni sono stati uccisi dalla crisi dell’editoria, altri dal conformismo, altri ancora dal venir meno di quella rabbia civile che era il carburante della satira. Oggi, la battuta corre sui social, dove la velocità ha sostituito la riflessione e l’indignazione istantanea ha preso il posto della costruzione ironica.
Con Il Vernacoliere si spegne una voce irripetibile, forse l’ultima davvero indipendente. Cardinali lo ha detto con semplicità: “Siamo un po’ stanchini”. Ma il problema è ben più grande: la satira non funziona più perché ci siamo abituati alla bulimia dei social e al politicamente corretto. Due fenomeni opporti che conducono, insieme, all’indifferenza, se nulla indigna, diventa difficile sorridere di tutto.
Ecco perché questa non è solo una notizia di cronaca editoriale, ma una perdita culturale. Chiude un giornale, certo. Ma soprattutto chiude un modo di ridere, di pensare e di dissentire.
E nel silenzio che resta, forse, si capisce quanto serviva quella voce livornese che – tra una bestemmia e una risata – raccontava l’Italia meglio di tanti altri.
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