“La scelta di applicare la pena detentiva deve essere, quanto meno, esteriorizzata nelle sue direttrici portanti che ne consentano di apprezzare la ragionevolezza”. Lo ha stabilito la Cassazione in tema di diffamazione sul web e per quanto riguarda i blog che, anch’essi, dovranno rientrare nell’ormai sempre più attesa riforma auspicata dai giornalisti e raccomandata caldamente anche dalle istituzioni comunitarie europee.
L’ultimo caso è arrivato dalla quinta sezione penale della Corte di Cassazione che ha annullato con rinvio la sentenza della corte d’appello di Catanzaro che aveva condannato a sei mesi di reclusione un blogger calabrese. I giudici hanno ravvisato, come ha riportato l’Ansa, che il giudice che condanna per diffamazione al carcere, anche con la formula della pena sospesa, il direttore di una testata online scartando quella che deve essere la prima opzione, ossia la pena pecuniaria, ha “l’obbligo di indicare le ragioni che lo inducano ad infliggere la pena detentiva”.
La pronuncia è ispirata dai principi stabiliti in sede di giurisprudenza comunitaria: l’Europa, infatti, ha spiegato che l’ipotesi del carcere va tenuta in considerazione solo per casi ritenuti gravissimi tra cui quelli inerenti i messaggi d’odio e l’istigazione alla violenza.
La sentenza della Cassazione ha riportato d’attualità il tema della riforma, ormai necessaria e da anni invocata dai giornalisti, della diffamazione a mezzo stampa. L’argomento è stato posto dalla Fnsi sul tavolo del confronto con il neo sottosegretario all’Editoria Giuseppe Moles insieme ai temi del precariato e dell’equo compenso e delle cosiddette querele bavaglio. Entro giugno dovrebbe muoversi qualcosa in parlamento.
Marina Pisacane
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