La Camera approva la riforma dell’editoria. Si attendono i decreti attuativi

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La Camera ha approvato in via definita il Ddl di riforma del settore dell’editoria con 275 sì e 80 no. Il Fondo viene alimentato con risorse statali già destinate al settore, un contributo di solidarietà a carico delle società concessionarie di raccolta pubblicitaria e una parte, fino a un massimo di cento milioni annui per il periodo 2016-2018, delle maggiori entrate derivanti dal canone Rai. Una determinata percentuale del Fondo potrà essere destinata al finanziamento di progetti comuni che incentivino l’innovazione dell’offerta informativa nel campo dell’informazione digitale, attuando obiettivi di convergenza multimediale.
Sarà prevista l’erogazione di un contributo per il sostegno delle spese sostenute per l’utilizzo di servizi di telefonia e di connessione dati, che sostituisce le attuali riduzioni tariffarie. Cambiano i requisiti per la concessione dei contributi, stabilendo come condizione necessaria per il finanziamento l’esercizio esclusivo, in ambito commerciale, di un’attività informativa autonoma e indipendente, di carattere generale e la costituzione come cooperative giornalistiche, enti senza fini di lucro o imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale sia da essi interamente detenuto. Inoltre, si prevede il mantenimento dei contributi, con la possibilità di definire criteri specifici sia per i requisiti di accesso, sia per i meccanismi di calcolo dei contributi, per imprese editrici di quotidiani e di periodici espressione delle minoranze linguistiche; imprese ed enti che editano periodici per non vedenti e ipovedenti; associazioni dei consumatori; imprese editrici di quotidiani e di periodici italiani editi e diffusi all’estero o editi in Italia e diffusi prevalentemente all’estero.

Stop ai finanziamenti invece per organi di informazione di partiti o movimenti politici e sindacali; periodici specialistici; imprese editrici di quotidiani e periodici che fanno capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in borsa. Viene inoltre richiesto alle aziende il regolare adempimento degli obblighi derivanti dai contratti collettivi nazionali o territoriali di lavoro; l’edizione della testata in formato digitale (eventualmente anche in parallelo con l’edizione in formato cartaceo); la pubblicazione di tutti i contributi e finanziamenti ricevuti.

I contributi dovranno essere calcolati tenendo conto di un tetto massimo liquidabile a ciascuna impresa; del numero di copie annue vendute (comunque non inferiore al 30 % delle copie distribuite per la vendita per le testate locali e al 20% per le testate nazionali); della valorizzazione delle voci di costo legate alla trasformazione digitale.

Previsti anche criteri premiali per l’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori di età inferiore a 35 anni e per azioni di formazione, nonché per l’attivazione di percorsi di alternanza scuola-lavoro. Possibili calcoli specifici per le testate on line che producono contenuti informativi originali, la riduzione del contributo per le imprese che superano, nel trattamento economico del personale, dei collaboratori e degli amministratori, il limite massimo retributivo di 240mila euro annui.

Previste infine la definizione di regole di liquidazione dei contributi quanto più possibili omogenee e la semplificazione del procedimento, per accorciare i tempi di liquidazione, nonché l’introduzione di incentivi agli investimenti in innovazione digitale e di finanziamenti per progetti innovativi presentati da imprese editoriali di nuova costituzione. Tutti principi generali che dovranno poi essere specificati in una serie di decreti legislativi che il governo dovrà emanare entro sei mesi.

La legge disciplina poi alcuni aspetti alla professione giornalistica. Innanzi tutto si interviene sull’Ordine dei giornalisti, i cui membri del Consiglio nazionale saranno sessanta, di cui due terzi professionisti e un terzo pubblicisti (con la presenza di un rappresentante delle minoranze linguistiche riconosciute in ciascuno dei due gruppi). Da rivedere quindi il sistema elettorale, garantendo la massima rappresentatività territoriale. Anche in questo caso si tratta di principi che dovranno essere specificati in decreti legislativi del governo.

Stesso iter per quanto riguarda le norme destinate ad intervenire sui prepensionamenti dei giornalisti. Previsto l’innalzamento – verso un progressivo allineamento con la disciplina generale – dei requisiti di anzianità anagrafica e contributiva per l’accesso alla pensione di vecchiaia anticipata, con il divieto per le aziende di mantenere un rapporto di lavoro con il giornalista che abbia ottenuto il trattamento previdenziale. Da rivedere anche la procedura per il riconoscimento degli stati di crisi delle imprese editoriali per l’accesso agli ammortizzatori sociali e ai prepensionamenti.

Resta in carica la Commissione per la valutazione dell’equo compenso nel lavoro giornalistico, fino all’approvazione della nuova delibera che definisce l’equo compenso e al completamento degli ulteriori adempimenti in materia. Viene estesa a Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni l’autorizzazione ad avvalersi delle agenzie di stampa per l’acquisto di servizi giornalistici e informativi, con aggiudicazione a trattativa privata, senza preliminare pubblicazione di un bando di gara, sul modello di quanto avviene già per la Presidenza del consiglio dei Ministri.

La concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale ha una durata di 10 anni ed è preceduta da una consultazione pubblica sugli obblighi dello stesso servizio. Il trattamento economico di dipendenti, collaboratori e consulenti Rai, la cui prestazione professionale non sia stabilita da tariffe regolamentate, non potrà superare il tetto dei 240mila euro annui. Infine la legge delega il governo ad emanare decreti per la liberalizzazione degli orari e dei punti vendita dei giornali. (ADNKronos)

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