Inpgi, profondo rosso: disavanzo da 242 milioni, il Cda chiama Draghi

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Profondo rosso per l’Inpgi: il bilancio è sotto di 242 milioni e l’istituto è capace di liquidare non più di altri due anni di pensioni. Poi non si sa cosa potrà accadere.

Così il consiglio d’amministrazione dell’istituto nazionale ha chiesto aiuto direttamente al presidente del consiglio Mario Draghi. Il documento, per una volta, ha messo d’accordo tutte le anime presenti nel Cda raccogliendo il voto favorevole di 14 consiglieri a fronte di un’unica astensione. Al premier l’appello per riattivare subito il tavolo istituzionale per individuare una soluzione che consenta all’Inpgi di risollevare le casse e di farlo evitando l’incubo commissariamento. Una corsa contro il tempo: lo “scudo”, infatti, scade alla fine del prossimo mese di giugno.

Il Cda Inpgi in una nota ha spiegato lo stato disastroso delle casse: “L’Inpgi ha una riserva tecnica per pagare due annualità delle attuali pensioni e una liquidità che si sta velocemente consumando. Il 2020 si è chiuso con un bilancio in disavanzo di 242 milioni. La scadenza del 30 giugno, termine ultimo dello scudo al commissariamento, si sta avvicinando”.

Ma non è tutto. Le cause secondo il Cda: “Il problema dei conti dell’Istituto  è strutturale e ha soprattutto a che fare con il mercato del lavoro e le sue dinamiche: l’Inpgi si è fatto carico negli anni dei trattamenti pensionistici e degli ammortizzatori sociali dei giornalisti, sostenendo il settore dell’editoria nella crisi più profonda che abbia mai attraversato”.

E dunque: “A febbraio 2020, il governo ha attivato un tavolo politico per trovare una soluzione condivisa allo squilibrio strutturale dei conti, coinvolgendo i ministeri vigilanti del Lavoro e dell’Economia, ma al momento non risultano fissati nuovi incontri”. Dunque l’appello: “Il Cda dell’Inpgi si appella al presidente del Consiglio, Mario Draghi, perché riattivi subito il tavolo politico, unica sede titolata, nella sua pluralità, a trovare una soluzione strutturale e condivisa per la sostenibilità del sistema previdenziale dei giornalisti italiani”.

Anche il consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti ha chiesto alle istituzioni di interessarsi del futuro dell’Inpgi. La crisi che attanaglia l’istituto di previdenza dei giornalisti è tale che, per gli organi ordinistici, è necessario l’intervento da parte del governo perché il rischio è che la complessità della situazione vissuta dall’ente previdenziale rischia di mettere in discussione il futuro della libertà di stampa in Italia.

Centrale, nella proposta dei giornalisti, l’allargamento della platea contributiva che passa (anche) dalla riforma della legge che delinea la professione giornalistica e che risale, ormai, al lontano 1963.

Il Cnog, che ieri si è riunito in seduta plenaria, ha licenziato un documento in cui fa il punto della situazione sulla delicatissima situazione legata all’Inpgi e ha chiesto una presa di coscienza da parte delle istituzioni.

Nella nota, i giornalisti hanno affermato: “L’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti a attraversando una grave crisi finanziaria dovuta soprattutto al vertiginoso calo di iscritti alla gestione principale, minata dalle vicende del sempre più precario lavoro nel mondo dell’informazione”. E dunque ribadisce la sua posizione: “Il Cnog, con compatta determinazione ritiene indispensabile  proseguire ed accelerare il percorso  già avviato anche per  l’ampliamento della base contributiva. E sollecita altresì il Governo ad affrontare una complessa realtà previdenziale che insidia perfino il cardine costituzionale della libertà di stampa”.

“Il Cnog – si legge nello scritto –  ribadisce con unitaria energia la necessità di garantire l’autonomia dell’Istituto, cioè di tutti i giornalisti. Allo stesso modo sottolinea l’importanza di politiche che affermino criteri di equità  e sostenibilità sociale, con particolare attenzione alle fasce più deboli della categoria.  Il consiglio chiede che Governo e Parlamento  individuino  misure strutturali opportune a  garantire al giornalismo prestazioni previdenziali e di welfare. Misure che andrebbero coniugate  con politiche di sostegno all’editoria”. Palese, dunque, il riferimento (anche) al sottosegretario all’Editoria Giuseppe Moles a cui è chiesto di farsi carico della situazione drammatica della professione e, di riflesso, dell’editoria e della previdenza.

“L’Ordine dei giornalisti – conclude la nota – torna al contempo ad invitare il  Parlamento a ridefinire  il perimetro della professione, riformando, secondo auspici più volte ribaditi,  la legge 69/1963, palesemente inadeguata”.

 

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