INPGI IN DIFFICOLTÀ: TROPPI AMMORTIZZATORI SOCIALI. PER IL SOLE 24 ORE USCIRANNO 6 MILIONI DI EURO

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11.615 imprese hanno chiuso i battenti l’anno scorso, un dato mai toccato in questi ultimi 4 anni di crisi. L’allarme lo lancia la Cgia di Mestre. Un record che ci segnala quanto siano in difficoltà le imprese italiane, soprattutto quelle di piccole dimensioni che continuano a rimanere il motore occupazionale ed economico del Paese.
Una situazione che pesa anche nel settore dell’editoria dove, ormai, è sempre più difficile tenere il conto delle testate che sono costrette e chiudere. Alcune storiche, come Il Riformista che venerdì è stato messo in liquidazione mandando a casa una dozzina di cronisti e dieci poligrafici. La colpa, per Emanuele Macaluso, direttore da maggio 2011, è che «chi poteva dare una mano, soprattutto il movimento cooperativo con la pubblicità che concede a destra e a manca, ma anche il sindacato» non l’ha fatto. Poi c’è Liberazione che ha messo in cassa integrazione tutti i suoi lavoratori e Il Manifesto che è in difficoltà. Grave anche la situazione de il Nuovo Corriere di Firenze che rischia la chiusura a causa del blocco dei contributi statali per l’editoria. E la lista potrebbe continuare ancora a lungo.

Per Franco Siddi, segretario generale della Fnsi, la situazione è seria, «in molte aziende stanno emergendo le insufficienze a livello editoriale e manageriale, nascoste nel periodo d’oro della pubblicità e dei prodotti collaterali. A questo si aggiunge la situazione della cosiddetta editoria assistita: il reintegro, anche se parziale, dei fondi statali non risolve i problemi di testate che in taluni casi si sono organizzate più in relazione ai contributi pubblici, piuttosto che alla loro effettiva presenza sul mercato».
Alla Fnsi sta arrivando una nuova ondata di piani di riorganizzazione aziendale con la richiesta di altre sforbiciate degli organici, con una pesante ricaduta sulle casse dell’Inpgi, l’istituto di previdenza della categoria, che deve finanziare gli ammortizzatori sociali. «I fondi per i prepensionamenti stanno finendo», sottolinea Siddi in un’intervista rilasciata a Prima Comunicazione. «Davvero bisogna ricorrere agli ammortizzatori solo quando non ci sono alternative, privilegiando le situazioni di crisi reale. I tagli, poi, stanno toccando giornalisti ancora lontani dalla pensione, per i quali possono scattare solo la cassa integrazione e i contratti di solidarietà. Un ricorso massiccio a questi strumenti, totalmente a carico dell’Inpgi, rischia di determinare squilibri alle casse dell’istituto. Basti pensare che, tra costi diretti e indiretti, per la solidarietà concordata al Sole 24 Ore, dall’Inpgi usciranno 6 milioni di euro. Dobbiamo trovare delle nuove soluzioni, magari aumentare l’età per il prepensionamento da 58 a 60 anni, fare in modo che un giornalista possa lavorare fino a 65 anni part-time usufruendo contemporaneamente di metà della pensione. Con i soldi risparmiati si potrebbero istituire delle borse per favorire l’accesso di giovani. In ogni caso è essenziale che anche gli editori abbiano uno scatto di creatività e maggior fiducia nelle loro attività, investendo in progetti innovativi da valutare in 3-4 anni, non trimestralmente con uno occhio fisso sulle quotazioni di Borsa».

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