Editoria

Inpgi, Conte chiude alla garanzia pubblica e ControCorrente tuona: “La truffa del polo del rancore”

La conferenza stampa di fine anno è stata l’occasione, per il presidente del consiglio Giuseppe Conte, di mostrare i piani per il risanamento dell’Inpgi. Nelle risposte ai giornalisti, il premier ha cassato l’ipotesi di una garanzia pubblica e ha ribadito la necessità e l’impegno a individuare strategie per l’allargamento della platea contributiva all’istituto nazionale di previdenza per i giornalisti italiani.

Il presidente Conte ha chiesto all’Inpgi di “camminare sulle sue gambe” e si è impegnato a trovare metodi e aperture per garantire all’ente di superare le drammatiche condizioni economiche in cui versa.

La posizione del premier ha trovato pieno consenso nel gruppo di maggioranza dell’Inpgi. I giornalisti che si riconoscono nelle insegne di ControCorrente, subito dopo la dichiarazione esposta da Conte, hanno immediatamente licenziato una durissima nota polemica in cui non hanno lesinato accuse sanguinose, tanto al presidente del consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Verna, quanto ai “colleghi” della minoranza. Tutti accusati di “truffa” e di rappresentare “il polo del rancore”. Nella nota l’atto di accusa: “La truffa del polo del rancore, ossia illudere i colleghi di poter ottenere la garanzia pubblica per i conti dell’Inpgi, è stata smascherata dalle parole del premier Conte, pronunciate durante la conferenza stampa di fine anno organizzata dall’Ordine dei giornalisti”.

E quindi, en passant, un velenoso riferimento all’appello dei “direttori” che nelle scorse settimane avevano chiesto chiarezza e responsabilità sul futuro Inpgi: “L’operazione verità è durata appena 14 minuti. Giusto il tempo dell’introduzione del presidente dell’Ordine nazionale Carlo Verna,  che ha rilanciato la petizione che alcuni colleghi ipergarantiti, per lo più titolari di pensioni e stipendi con molti zeri, e lo stesso Ordine come istituzione hanno inviato al Capo dello Stato Sergio Mattarella, tornando a chiedere la garanzia pubblica dello Stato per l’Istituto di previdenza dei giornalisti; e le poche parole con cui il premier Conte pubblicamente, davanti alla platea di giornalisti, ha ribadito che “La legge lo proibisce”, ma che “possiamo auspicare che si allarghi la base della platea contributiva ai comunicatori e si riesca a costruire un equilibrio finanziario ed economico che consenta all’Inpgi di camminare con le gambe proprie. Dobbiamo lavorare insieme”.

Ma non è tutto, perché da Controcorrente piove uno tsunami di accuse: “Certo,  sorprende sempre spiacevolmente ascoltare il presidente dell’Ordine Carlo Verna usare come foglia di fico i problemi dei precari; mescolare temi di importanza vitale per la categoria, come l’equo compenso e la sacrosanta lotta al precariato con la morte di Maradona e Paolo Rossi (tutto fa brodo), il risibile appello al Presidente della Repubblica e l’imbarazzante e offensivo caso del digital divide per i pensionati che non sono in grado di utilizzare la Pec.  Ed è impossibile non sottolineare come Verna, che pure è stato segretario dell’Usigrai, nel suo discorso non abbia speso una parola per la Rai, sull’esigenza di una riforma e sull’urgenza di una nuova legge”.

E quindi: “Neppure di fronte al governo e alla gravità della situazione della categoria, attraversata dalla crisi più profonda della sua esistenza, alle prese quotidianamente con la sopravvivenza di testate storiche e le difficoltà che anche le esperienze editoriali on line più moderne stanno sperimentando, il presidente Verna riesce a ricoprire con dignità il suo ruolo. Anzi, in diretta tv, trova pure il tempo per togliere la parola ad una collega che stava incalzando il presidente Conte con una domanda, invocando l’intervento dei commessi”.

Infine la chisura: “Spiace sapere che l’appello truffa inviato al presidente della Repubblica sia stato firmato da Verna non individualmente, ma come presidente dell’Ordine, coinvolgendo in una figuraccia in diretta televisiva, condita da inutili richiami legislativi, tutti i giornalisti italiani. Di questo dovrebbe chiedere scusa e agire di conseguenza. Ma, come sempre, non lo farà perché, in prorogatio da mesi, è troppo impegnato a tenersi stretta la poltrona”.

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