La Cnil in Francia fa tremare Google e Shein. Arriva la mazzata da 325 milioni per Mountain View e la stangata da 150 milioni di euro per la piattaforma cinese del fast fashion. Le accuse? Sempre le solite: i cookie che “spiano” indebitamente gli utenti per profilarli e vendere, così, pubblicità mirata. E se l’Europa sta iniziando a diventare più morbida sperando che Trump annacqui i dazi, Parigi invece continua a fare sul serio ponendosi in testa al gruppo di quei Paesi i cui governi non si rassegnano, come a Bruxelles, allo strapotere americano e, più in generale, degli Over the Top.
L’autorità garante per la privacy in Francia ha stabilito che sia Google che Shein hanno installato cookie sui browser degli utenti senza ottenere, però, il loro consenso informato. Che è centrale, e decisivo, perché l’operazione possa farsi nel pieno rispetto di leggi e regolamenti. Ma non è tutto, perché i francesi hanno stabilito che la pratica del cookie wall non è pienamente legale. Non si può in pratica subordinare l’accesso a servizi digitali “pagandoli” con l’accettazione dei file di profilazione. Una pronuncia, questa, che rischia di far giurisprudenza in tutta Europa.
La questione ha un ovvio risvolto politico. Parigi si mette alla testa di quella parte di Europa che non ha la minima intenzione di cedere quote di sovranità agli Over the Top e alla Casa Bianca. Che più volte, in maniera formale o informale, ha chiesto a Bruxelles di fare un passo indietro sui suoi regolamenti digitali. Una sfida, questa, decisiva per il futuro o meglio la credibilità istituzionale della Ue. La Francia, prima degli altri, sembra averlo compreso.
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