Il tema del rapporto tra le piattaforme di distribuzione dei contenuti e gli editori è estremamente complesso. Ciò in quanto l’asimmetria nel potere contrattuale si somma ai diversi valori in gioco, di mercato, di potere e di tutela della libertà di espressione.
È interessante segnalare due sentenze del Tribunale di Milano aventi ad oggetto la decisione da parte di Google di oscurare il canale della testata giornalistica Byoblu a seguito della pubblicazione di un video sul virus COVID-19. In pratica, Google ha ritenuto le notizie diffuse attraverso il canale di Byoblu su youtube in grado di produrre disinformazione e, pertanto, ha disattivato il canale.
La società ha presentato un ricorso d’urgenza per chiedere l’immediata riattivazione del canale per i danni economici subiti a seguito della mancata monetizzazione degli accessi. Il Tribunale ha dato ragione a Google sulla base dell’assenza del presupposto del periculum in mora. Le motivazioni delle sentenze, che riportiamo in allegato, sono ben articolate.
Ma il vero punto che emerge dalla questione è la necessità che il legislatore, europeo e nazionale, intervenga per evitare che un argomento fondamentale come quello della censura non venga delegato ad accordi privatistici tra i fornitori di contenuti e le piattaforme, alla cui base ci sono interessi economici, ma che trovi piena disciplina in norme scritte che evitino che soggetti privati assumano funzioni pubbliche, come quella di censurare le opinioni, per quanto difformi dal pensiero prevalente.
Ecco le sentenze
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