IL MATTINO CITA PER DANNI UNA EX-COLLABORATRICE. IL CASO ASSURDO DI AMALIA DE SIMONE

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Ormai siamo al teatro dell’assurdo. Solo che al posto di Beckett e di Ionesco ci sono editori sciagurati, che non paghi dello sfruttamento a cui sottopongono legioni di giornalisti precari e di collaboratori un-tanto-al-chilo pretendono di scaricare su di loro il rischio d’impresa e la propria inettidudine. E’ quanto emerge dalla triste vicenda che ha come protagonista Amalia De Simone, una cronista conosciuta da tutti a Napoli – per onestà e bravura – a cui IL MATTINO ha fatto recapitare una citazione per danni – l’importo richiesto è di 52mila euro – a conclusione di una causa civile che si è chiusa con una condanna ma in cui le responsabilità della giornalista, che era solo una collaboratrice esterna, pagata a pezzo, erano minime rispetto a quelle del giornale.

Non è la prima volta. Era già successo qualche anno fa al critico musicale del MESSAGGERO Alfredo Gasponi, anche lui un collaboratore esterno, che è stato rovinato da una vicenda che definire kafkiana è poco. Ed è un possibile incubo per molti giornalisti precari, che non solo vengono sfruttati senza alcuna remora – al MATTINO oggi un collaboratore guadagna 25 euro al pezzo – ma si ritrovano senza nessuna tutela e rischiano perciò di fare il capro espiatorio di una macchina redazionale che, a volte, fa acqua da tutte le parti, quanto a superficialità e controlli. Nella causa civile che ha coinvolto Amalia hanno avuto infatti un peso determinante tutta una serie di fattori – la titolazione del pezzo “incriminato“, la rettifica che non venne pubblicata tempestivamente e con una collocazione non adeguata, ecc… – che non potevano certo competere ad una giornalista precaria, che in redazione non poteva nemmeno metterci piede perché abusiva.

Sulla vicenda che riguarda Amalia De Simone sarebbe il caso che prendessero posizione sia l’Ordine che la FNSI. E che avviasse al più presto una qualche iniziativa, anche all’interno della redazione del MATTINO, che non possono lavarsene le mani, come se nulla fosse successo. Di seguito pubblico alcuni estratti della mail che Amalia mi ha mandato per annunciarmi la triste novella:

“Il mestiere di giornalista è diventato un mestiere troppo rischioso, soprattutto se si decide di essere liberi. Soprattutto perché le azioni che hanno una forza intimidatoria più incisiva nella vita del cronista, a volte arrivano dagli stessi editori. Purtroppo conosco tutti gli ostacoli possibili . Ad esempio, per anni, in particolare durante il periodo di collaborazione a Il Mattino, sono stata oggetto di intimidazioni attraverso querele da parte di colletti bianchi della camorra e non. Nessun, e sottolineo nessun, procedimento giudiziario in cui sono stata coinvolta, è mai arrivato a processo. Comunque, l’effetto di dover costringere una precaria/free lance/ abusiva/collaboratrice o come vi pare a perdere giornate di lavoro, pagare un avvocato, nella migliore delle ipotesi solo per farsi interrogare e chiarire la propria posizione, l’hanno ottenuta.

L’unica vicenda in cui sono stata coinvolta, in cui c’è stata una condanna, riguarda un risarcimento in sede civile per una vicenda molto complessa. E oggi l’editore che per anni ha beneficiato delle mie inchieste, dei miei articoli qualche volta anche richiamati in prima pagina, citati da altre testate o in tanti saggi, i cui rappresentanti ai vertici del Mattino hanno proposto e ottenuto per me riconoscimenti anche davanti al Presidente della Repubblica, oggi proprio quell’editore mi cita per danni, chiedendomi quasi tutto l’importo di quanto dovuto (da me, il direttore e l’editore) in solido per questa condanna. Sottolineando che il direttore, poverino, lui ed evidentemente anche i suoi sottoposti in redazione, non potevano controllare tutto e che l’unica responsabile di questa vicenda sono io.

Perfino la sentenza di condanna, evidentemente anche a me sfavorevole, evidenzia gravissime responsabilitàrispetto alla titolazione dell’articolo e rispetto alla non correttezza della rettifica, cose che certamente non spettavano ad una precaria/abusiva/collaboratrice etc… . Io ho cercato attraverso una causa di lavoro di far valere i miei diritti, ed ho anche perso in primo grado. L’ho fatto solo per una questione di dignità per la mia famiglia che ha sofferto per me e come esempio e testimonianza per gli altri ragazzi che con quel giornale decidevano di cominciare a collaborare. Mi risulta che attualmente Il Mattino paghi i collaboratori 25 euro lordi a pezzo. A quanti pezzi corrisponde la richiesta di 52mila euro che mi ha fatto Il Mattino? Questa citazione in giudizio costituisce un pericoloso precedente per tutti coloro che vivono facendo questo mestiere. Oggi capita a me, domani può succedere a tanti altri colleghi. Il mattino mi chiede soldi, anche i soldi dovuti dall’editore e dal direttore, decidendo sa solo come devono essere ripartite le responsabilità. Riderei, riderei davvero se non ci fosse da piangere. Questa citazione tradisce il principio che il giornalista va tutelato, tutelato dallo stesso imprenditore che edita e guadagna dal giornale. Io lavoravo sempre sotto pressione, malpagata, con continue promesse di contratto sempre disattese. Stupida io ad averci creduto.

E’ difficile spiegare cosa si prova, ma nella settimana del mio 39esimo compleanno ho ricevuto la notizia del licenziamento collettivo da Epolis, la notizia che qualcuno aveva provato a tagliare tutte e 4 le ruote della mia auto, la citazione de Il Mattino. Nel primo caso è una vergogna che subisco insieme ad altri circa 130 giornalisti.Il secondo caso, ahimè, è la conseguenza diretta dell’impegno civile con cui ho

deciso di fare il mio lavoro da tanti anni a questa parte, firmando anche ultimamente, insieme ad altri, una denuncia per minacce a Radio Siani emittente che coordino per volontariato e che trasmette da una casa confiscata ad un boss.”

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