Il caso Paragon dall’Italia all’Europa: è bagarre

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L'aula del Parlamento europeo di Bruxelles

Paragon, la polemica continua: ora è l’ex premier Matteo Renzi ad accusare il governo. Su Repubblica, Renzi tuona: “Il governo deve chiarire chi ha usato in modo illegale questo trojan potentissimo. Tra tutte le vicende questa mi pare la più preoccupante. È peggio delle spie della Ddr, perché entrano nei telefonini di giornalisti e politici”. Parole dure. Ma le considerazioni dell’ex presidente del consiglio non sono finite: “Solo nell’ultima settimana i servizi segreti denunciano la procura di Roma, il governo compra un software che viene usato contro giornalisti. Il sottosegretario Mantovano manda pizzini alla Rai sui voli di Stato per attaccare il procuratore di Roma Lo Voi”. E ancora: “Bruno Vespa fa il portavoce del governo, senza ritegno, in prima serata, ma la Vigilanza Rai è bloccata dall’ostruzionismo della maggioranza. E poi la vergogna morale e politica della Meloni su Almasri. Il posto di quel killer è il carcere: è un torturatore, un violentatore di bambini – continua Renzi – Se però c’è un interesse nazionale, la premier deve dirlo in Aula. O mettere il segreto di Stato. Lei invece è scappata”.

Ma le considerazioni e le richieste su Paragon continuano a riempire le pagine politiche dei giornali italiani. Adesso il caso è sbarcato in Europa. L’eurodeputato Sandro Ruotolo ha chiesto alla Commissione di intervenire: “Lo scandalo del trojan israeliano Paragon, trovato nei cellulari del direttore di Fanpage.it, Francesco Cancellato, e di esponenti della società civile italiana come Luca Casarini della Ong Mediterranea Saving Humans, coinvolge direttamente la Commissione europea, poiché riguarda la violazione dei dati personali e la libertà di stampa di cittadini europei”. E dunque: “Meta – continua – ha pubblicamente confermato che 90 cittadini sono stati spiati, una grave violazione che deve essere tutelata dai regolamenti europei. Il governo italiano, che inizialmente ha negato qualsiasi coinvolgimento nello spionaggio, è stato smentito da fonti autorevoli come il quotidiano israeliano Haaretz e l’inglese The Guardian. La società israeliana addirittura avrebbe rescisso il contratto con il Governo Italiano per non aver ottemperato agli obblighi contrattuali. Come delegazione del Partico Democratico del Parlamento europeo abbiamo deciso di portare a Strasburgo la voce delle vittime di questo spionaggio”.

Sandro Gozi, esponente di Renew, ha affermato che occorre un intervento delle autorità Ue: “Ancora una volta – afferma Gozi – emergono rivelazioni allarmanti su gravi violazioni della privacy e dei diritti fondamentali in Europa. Inchieste giornalistiche hanno svelato che giornalisti e rappresentanti della società civile, critici nei confronti dei loro governi, sono stati oggetto di sorveglianza attraverso lo spyware Paragon”. Gozi continua: “Almeno 90 persone di cui conosciamo il nome e cognome soltanto di tre, sono state spiate in tutta Europa, con casi confermati in tredici Stati membri. Un attacco inaccettabile alla libertà di stampa, alla riservatezza delle comunicazioni e ai principi dello Stato di diritto nell’Ue. Di fronte a uno scenario così inquietante, è dovere delle istituzioni europee agire con determinazione. Per questo, ho presentato un’interrogazione alla Commissione europea per chiedere se era a conoscenza di questa violazione e se ha avviato un’indagine per identificare i responsabili e le motivazioni di questa sorveglianza massiva”. La conclusione è ferma: “La Commissione deve dirci quali azioni intende adottare per tutelare i diritti dei cittadini europei e se vuole finalmente dare seguito alle raccomandazioni della Commissione d’inchiesta incaricata di esaminare l’uso di Pegasus, garantendo trasparenza, responsabilità e misure efficaci contro l’uso abusivo degli spyware. È inaccettabile che, nonostante la conclusione dei lavori della Commissione d’inchiesta sugli spyware nel maggio 2023, nulla sia cambiato e le istituzioni europee non abbiano ancora adottato misure concrete per fermare queste pratiche. La libertà di informazione e la tutela della privacy non possono essere messe in discussione. L’Unione europea deve passare dalle parole ai fatti per fermare queste pratiche inaccettabili e assicurare che simili violazioni non si ripetano mai più”.

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