I PROFESSIONISTI DELL’ANTICASTA

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Da qualche anno in Italia è nata una nuova figura: il professionista dell’anticasta. In genere è un giornalista specializzato nel frugare tra i privilegi del mondo politico, anche se i privilegi sono lo scontrino al ristorante della Camera dove ha pranzato fino all’altro giorno. Sergio Rizzo è un maestro del genere, non va confuso con i tanti epigoni. Ma anche ai maestri capita di sbagliare. Ieri sul Corriere della Sera, Rizzo dava notizia di un libro di Elio Veltri e Francesco Paola dal titolo I soldi ai partiti (Marsilio). Secondo Rizzo «il capitolo dei soldi ai giornali politici rispecchia in pieno l’opacità che qui circonda il finanziamento pubblico dei partiti».
Doppio errore. Primo: i fondi all’editoria non sono soldi ai partiti ma, appunto, finanziamenti a un giornale. Secondo: non sono affatto opachi perché si possono leggere tutti, anno dopo anno, sul sito Governo.it dove li ha pescati quel segugio di Veltri. Più opachi sono invece i contributi indiretti all’editoria (tariffe postali, credito d’imposta sulla carta, Iva agevolata su dvd e libri allegati, sconti sulle bollette elettriche), che sul web non compaiono ma che rappresentano la fetta largamente più consistente dei “regali” all’editoria.
Per dire, secondo un’indagine dell’Antitrust del 2007 i contributi diretti (a giornali politici, di cooperativa e non profit) ammontavano solo al 31 per cento della torta complessiva. Rizzo raccoglie i dati dal 2003 al 2009 e cita come «esempio» il caso dell’Avanti di Valter Lavitola, che anche il lettore più sprovveduto capisce essere un caso-limite. E, comunque, Rizzo dimentica completamente i contributi indiretti che hanno ricevuto in questo decennio i grandi gruppi editoriali. Per esempio solo Rcs quotidiani e periodici tra il 2004 e 2005 ha incassato dallo stato più di 24 milioni di euro solo come credito d’imposta sulla carta, di cui 17 per Corriere e Gazzetta dello Sport.
Le agevolazioni postali sono state abolite nel marzo 2010 mentre i crediti d’imposta sulla carta sono stati rinnovati anche nel 2011. Ma la dimenticanza più grave di Rizzo è che alcune delle testate che cita non sono più in edicola (come Liberazione) o rischiano di chiudere da un giorno all’altro.
Europa si è sempre detta favorevole a una riforma complessiva del settore, che impedisca scandali come L’Avanti di Lavitola, ma che non penalizzi i giornali che escono in edicola (o sul web), anche con regole più stringenti. Ancora nel 2010 l’Antitrust chiedeva di cambiare i meccanismi di finanziamento dell’editoria, ma parlava sia di quelli diretti sia, soprattutto, di quelli indiretti. O la casta è solo quella che non piace ai professionisti dell’anticasta?

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