I CONTRIBUTI ALL’EDITORIA NELLE MANI DEL GOVERNO

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Ieri, per la dodicesima volta in questa legislatura, il Governo ha chiesto la fiducia su un provvedimento. Questa volta, la richiesta arriva al Senato sul cosiddetto decreto milleproroghe, che deve essere convertito in legge entro il 1° marzo 2009. A preoccupare, nel maxiemendamento al mille proroghe, sono, soprattutto, le novità introdotte nella gestione dei fondi pubblici per l’editoria.
La Presidenza del Consiglio eroga, alle imprese editoriali, diversi tipi di contributi. Alcuni vengono versati direttamente alle imprese che hanno determinate caratteristiche (quotidiani politici, di partito, in cooperativa e no profit), altri indirettamente secondo parametri variabili (abbonamenti postali, acquisto di carta, etc.). Prima, ai vari gruppi editoriali era riconosciuto il cosiddetto “diritto soggettivo”a ricevere i contributi dallo Stato. Oggi questo diritto non esiste più: con il decreto 112/08 è stato tolto alle cooperative, con il milleproroghe è stato tolto anche ai grandi gruppi. Leggendo il maxiemendamento, infatti, dal 2009, fermo restando il tetto complessivo di spesa, i fondi saranno destinati “prioritariamente” ai contributi diretti e tutto il resto, per le “residue disponibilità”, andrà alle altre agevolazioni (Rai, agenzie di stampa, radio, grandi giornali).
Per quest’anno il conto che è stato approvato in finanziaria, al capitolo editoria, prevede 261 milioni. Di questi, 170 milioni – un conto ufficioso ma attendibile basato sulle domande già presentate – andrebbero ai giornali di partito e di cooperativa, a tutto il resto dell’informazione italiana toccherebbero, invece, 91 milioni.
E’ sempre più chiaro che a decidere sul futuro dei giornali non ci sarà più il Parlamento e la legge ma il volere e i decreti del Governo. D’ora in poi, infatti, il Governo deciderà tutto in base ai soldi disponibili. Non a caso, nel “milleproroghe”, è sparito proprio il vincolo obbligatorio del parere delle Commissioni parlamentari al regolamento Bonaiuti che la Camera aveva recentemente richiesto e approvato in modo bipartisan. Il Parlamento, dunque, potrà esprimersi sulle regole scritte dal Governo solo a cose fatte e senza nessuna certezza formale che i suoi rilievi saranno ascoltati.
Fabiana Cammarano

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