GOOGLE VS. PRIVACY: NEGLI USA UNA POSSIBILE “CLASS ACTION” CONTRO LA NUOVA POLICY

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Si prevedono tempi duri per il gruppo di Larry Page, accusato di pratiche ingannevoli a danno degli utenti.
Finora due sono le denunce depositate nelle corti federali, prima della California e l’ultima di New York, da un gruppo di consumatori, ma i presupposti per un’azione collettiva risarcitoria a livello nazionale, contro il colosso del search engine, sembrano esserci tutti.
La semplificazione della privacy policy attuata da Big G a partire dal 1° marzo mediante una direttiva che ha imposto agli utenti l’accesso integrato a più di 60 servizi (tra questi GMail, Google search, Google Plus, Picasa, Google Maps) associandoli ad un unico account di gestione, a quanto pare violerebbe più di un testo di legge negli Usa.
Bersaglio privilegiato dai critici (peraltro fonte di perplessità anche per la Commissione Europea) risulta essere la combinazione dei dati raccolti, anche se in forma anonima, sotto la lente di Google, con il risultato di ottenere una profilazione dettagliata degli users. Una prassi che andrebbe a violare – per l’impossibilità di un opt-out – la precedente policy con cui il colosso si impegnava a non incrociare le informazioni tra i servizi senza il consenso del consumatore. L’iniziativa unilaterale è stata giustificata dal team aziendale con l’obiettivo di garantire ai propri utenti una migliore esperienza d’uso dei prodotti. Argomentazioni che però non hanno incontrato il beneplacito dei legali di un gruppo di privati cittadini che ha trascinato il colosso di Mountain View davanti ad una corte.
La tesi avanzata vedrebbe Google in violazione del Federal Wiretap Act, per l’intercettazione dolosa delle comunicazioni e l’aggregazione delle informazioni personali degli utenti a fronte di benefici finanziari, derivanti dal business della pubblictà targettizzata.
Non solo, il team di Mountain View eluderebbe anche le prescizioni di legge dettate dallo Stored Electronic Communications Act, per aver superato il limite di accesso autorizzato alle comunicazioni dei consumatori archiviati sui propri sistemi.
Queste sono solo alcune delle fattispecie di illecito contestate che andrebbero a toccare anche l’ecosistema degli smartphone e tablets android.
La prima denuncia depositata presso la corte distrettuale del nord della California riguardava proprio la richiesta da parte di Big G della configurazione di un account GMail al momento dell’acquisto dei dispositivi mobili come Samsung o HTC alimentati con il sistema operativo di Google. Come testimoniato dalle parti civili, l’utilzzo di alcune delle funzioni previste dal software risulterebbero subordinate alla creazione di un account, senza lasciare alternative agli utenti.
“Un’ invasione della privacy impossibile da evitare per quegli utenti di smartphone android che costituiscono quasi il 50% del mercato Usa. Per questi consumatori, l’eventuale sottrazione alla nuova direttiva di Google si traduce nell’acquisto di un altro device con un ulteriore aggravio di spese” è stata l’Associazione Nazionale dei Procuratori Generali degli Usa a ribadirlo solo un mese fa, avvertendo sulla forzatura dei diritti dei consumatori implicita nella privacy policy adottata da Mountain View. Un rischio ben sottolineato nell’impianto delle denunce depositate presso le due corti federali e riassunte nel principio secondo cui “Ciascun utente deve poter gestire le impostazioni sulla privacy per ogni singolo prodotto dell’offerta Google; una funzione di opt-out universale non è disponibile”.
Intanto Google sembra essersi chiuso in un silenzio quasi imbarazzante, mentre il suo Ceo Larry Page, coadiuvato dal suo staff legale, raccoglie le idee per rispondere entro il 5 aprile alle preoccupazioni sollevate dalla Commissione Europea riguardo la compatibilità del testo delle nuova policy con gli standard dell’Unione.
Manuela Avino

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