GOOGLE BLOCCA“SCROOGLE”, IL SERVER PER LA NAVIGAZIONE ANONIMA: UN COLPO BASSO ALLA PRIVACY?

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Scroogle, il servizio web no profit per la ricerca su Google in forma anonima, ha accusato BigG di aver disattivato volutamente l’accesso ai propri server.

La finalità del motore di ricerca aperto da Daniel Brandt, operativo da 11 anni e disponibile in 28 lingue, è quella di bloccare i cookie (i codici di autenticazione) assegnati da Google durante la navigazione mediante un protocollo SSL, in grado di nascondere gli indirizzi Ip attribuiti dal provider per identificare gli utenti e bloccare così gli annunci pubblicitari associati ad ogni query di ricerca su internet.
Un sistema capace di inibire le ricerche incrociate con altri prodotti dell’offerta di BigG, in tre semplici passaggi: cestinare i cookie, non memorizzare i termini di ricerca e cancellare i log (la cronologia degli accessi) entro 48 ore. Forse una minaccia troppo costosa anche per un colosso come quello di Mountain View che fonda gran parte della propria fortuna sulle campagne pubblicitarie di Adwords.

Il caso vuole che tutto ciò accada proprio alla vigilia della nuova policy sulla privacy annunciata dal numero uno della ricerca, che dal 1° Marzo garantirà (imporrà) a tutti gli utenti iscritti, una semplificazione della normativa d’uso relativa a 60 servizi, mediante l’accesso integrato a più prodotti (GMail,YouTube,Google PLus, Google Docs, Google Maps) nonché la condivisione dei dati relativi ad abitudini e preferenze associate ad un unico account.
Google non esita a difendersi dalle accuse, negando l’eventualità di un’azione mirata verso il sito Scroogle: “Abbiamo sistemi automatizzati atti a scoraggiare sia lo scraping (siti spam che copiano i contenuti da altri siti solo per veicolare pubblicità, ndr) sia le troppe query inviate su Google. Eccessivi picchi di traffico possono causare problemi ad alcuni portali”, riporta il sito BetaBeat.org. La spiegazione richiama il funzionamento del sistema di scansione GoogleBot, il programma web crawler (o spidering) di BigG che raccoglie dalla rete tutte le pagine dei siti Google ed i relativi link ospitati, per costruire ed aggiornare in tempi rapidi l’indice di ricerca di Mountain View. Il software in questione assorbe però molta banda, causando per numerosi siti il superamento dei limiti di carico concessi, disattivandoli temporaneamente. Mentre nel caso dei siti spam, il programma provvede ad eliminarli del tutto. Il che motiverebbe quanto accaduto.
Scroogle però lascia emergere un quadro molto diverso della vicenda, rendendo disponibili sulla propria Homepage cifre piuttosto significative. Se Google ogni giorno arriva a gestire 1 miliardo di ricerche, Scroogle ne creerebbe appena 350mila occupando solo lo 0,035% del carico di BigG, mentre i server presi in affitto dal colosso sarebbero 6 e di fascia bassa, contro i 900mila posseduti da Mountain View. Il portale avanza un’altra versione della vicenda: “Quasi tutti i ricercatori Scroogle sono delle persone che cliccano con un mouse. Google tratta Scroogle come un sito scraper solo perché registra un traffico dei nostri indirizzi IP superiore alla norma”. I vertici di Scroogle sospettano che BigG intenda difendere una posizione di monopolio nella gestione della ricerca, limitando le opzioni della navigazione in forma anonima. Il sito invita inoltre i singoli utenti ad inviare una lettera alla Faderal Trade Commission per far presente la questione.
La stessa FTC, entro il 17 febbraio, dovrà rispondere ad un’altra denuncia depositata dall’osservatorio sulla Privacy, Epic. Il centro di ricerca di Washington ha infatti accusato l’Antitrust Usa di non aver preso i dovuti provvedimenti contro le nuove politiche sulla privacy annunciate da Google che violerebbero l’obbligo di consenso dell’utente al trattamento dei propri dati, specie se associati a più prodotti e servizi. Per EPIC l’unico scopo della nuova policy annunciata da BigG sarebbe quello di incrementare il già ricco business dell’advertising online realizzato dalla piattaforma, con annunci ancora più mirati grazie ad una profilazione più dettagliata degli utenti. Una prassi dove l’anonimato non avrebbe più alcuna ragione di esistere.
Manuela Avino

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